Immagini dal passato.
Come eravamo! Guardare con curiosità, con nostalgia. Cercare. Cercare nella mente persone, case, edifici visti magari da bambini, quando tutte le cose sembravano grandi e dilatate.
Osservarle ora, con gli occhi da adulti, sembrano più piccole, più limitate. Ma significative.
Evocano il tempo passato, nostro e quello dei nostri genitori.
E’ come perdersi dentro. E immaginare la vita dei nostri padri, dei nostri nonni e bisnonni. Non molto diversa dalla nostra. I sentimenti, le gioie, il dolore sono gli stessi. Avevano solo meno cose di noi. Ma non sono le cose che riempiono e danno il senso della vita, sono i legami fra le persone.
Eppure gran parte delle persone che compaiono nei ritratti, hanno tutte un viso serio. Il loro sguardo velato di tristezza. Non mi piace immaginarli così. E cerco una spiegazione. Quando sono comparse le prime macchine fotografiche, molte persone non volevano essere ritratte. C’era una forte diffidenza e paura. Avevano paura che la macchina fotografica rubasse loro l’anima. Forse è per questo che guardano dentro l’obiettivo, un po’ diffidenti, tristi e un po’ spaventati.
E il viso delle persone ritratte ci parlano. Ci sono persone serene, molte un po’ severe, altre con i segni di sofferenza, altri visi ancora ci rasserenano e ci trasmettono le loro allegria.
Mi pare di sentirle. Le persone che hanno vissuto nei luoghi dove adesso noi abitiamo, percorriamo le stesse strade, facciamo gli stessi gesti, ripetuti, come facevano i nostri padri, i nostri nonni, i nostri bisnonni.
Guardando le foto, immagino il loro movimento. La vita di un tempo che scorreva, con i rumori, con gli odori, con il caldo, con il freddo. Non solo immagini ferme, ma vive, che scorrono. Sotto il vestito, un po’ diverso dal nostro, sembrano le persone d’oggi.
La piazza
Da circa 600 anni, da quando cioè si possono avere dei documenti che indicano il territorio, la piazza di Dueville ha mantenuto il suo impianto. Forse l’unico edificio che non si può più ritrovare è la vecchia Casa del Comune.
E’ significativo che il nuovo potere politico rappresentato dall’amministrazione comunale di fine Ottocento, acquisisca dal vecchio potere, quello feudale dei nobili Monza, il loro palazzo.
La chiesa, il luogo religioso e il palazzo dei Monza prima e Municipio dopo, luoghi del potere e della vita civile, hanno segnato e segnano i fatti più importanti della vita individuale o sociale. In chiesa, il battesimo, il matrimonio e la morte, le tappe più rilevanti della vita di una persona, venivano condivise dagli altri membri della comunità. Da fatti personali, diventavano pubblici, cioè partecipati dagli altri.
Pubblici erano anche gli atti che avvenivano prima nella casa del comune e poi nel Municipio.
E la vita quotidiana scorreva intorno alla piazza. Il mercato, le botteghe, le osterie erano luoghi di incontro e di scambi.
Tutti i membri della comunità passavano per le piazze. Magari solo alla domenica, ma era l’unico modo per dimostrare e farsi riconoscere come membri della comunità.
I maronari e i platani
Della piazza di Dueville mi ricordo in particolare i grossi platani e i maronari. Senza le macchine, si levavano in alto e mi sembravano veramente maestosi.
Nella piazza c’erano negli anno ’50 e ’60 due chioschi che vendevano frutta, verdura e furi$i.
I negozi della piazza sono rimasti quasi gli stessi: el Becaro, el fornaro, el casolin, la farmacia, l’osteria, el scarparo, el sarto…
Le Chiese.
Le Chiese costituivano almeno fino a 50 anni fa gli edifici più importanti e imponenti. Furono tutte costruite con il lavoro della comunità. Come la chiesa di Dueville, di recente memoria.
La Chiesa di Dueville
Fu iniziata nel 1928, per opera di Mons. Benigno Fracasso e fu aperta circa dieci anni dopo, nel 1939. Fu consacrata il 17 settembre 1955. La sua costruzione durò quasi trent’anni.
“ Schiere di contadini, di operai vennero a turno dalle varie contrade prestando generosamente la loro opera gratuita, scavarono le fondamenta profonde tre metri e mezzo. Trovarono forti correnti d’acqua, che incanalarono con tubi di cemento. Affondarono a colpi di martello centinaia e centinaia di pali di larice. Altri uomini con tutti i mezzi di trasporto, si recarono sull’Astico e prelevarono migliaia di metri cubi di ghiaia, talvolta con la banda musicale in testa, che suscitava l’entusiasmo con le sue marce brillanti. Scaricarono dalla stazione ferroviaria migliaia di quintali di cemento e tutto andò a finire negli scavi. Il 23 giugno 1929 S.E.Mons. Ferdinando Rodolfi, Vescovo di Vicenza, posò la prima pietra.”
Si innalzarono i muri perimetrali con la ditta Ferraro di Padova. Nel 1932 la ditta fu licenziata e i lavori proseguirono in economia, per risparmiare denaro. Continuarono le prestazioni gratuite. Sotto la direzione di Silvio Sanson, operai e contadini portarono alla copertura l’edificio.
“ Nel 1939 era completata la parte muraria con le colonne di granito di Baveno, con le navate, con le sue vetrate di alabastro di Carrara e fu aperta al pubblico, dopo dieci anni di lavori.”
Le strade
Come le chiese, anche le strade del territorio di Dueville furono costruite con il lavoro di tutti. Tutti i capifamiglia dovevano contribuire poi anche al loro mantenimento. In primavera si dovevano chiudere le buche e riparare qualche ponte. Ma era un compito di tutti. Ora l’amministrazione comunale si è sostituita alla comunità. Al Comune spetta infatti l’onere e l’impegno di aprire nuove strade e mantenere quelle esistenti.
La cartiera
Cartiera Valente e la roggia Molina: la lavorazione della carta a Dueville risale al Quattrocento. La prima cartiera era situata presso il Bacchiglioncello. La cartiera attuale fu invece costruita dalla famiglia Da Porto intorno alla metà del Cinquecento. La cartiera è uno degli esempi di archeologia industriale più notevoli di tutto il vicentino. La cartiera utilizzava l’acqua della roggia Molina. L’acqua, con la forza degli uomini e degli animali, era un tempo, l’unica fonte di energia. La roggia Molina nasce in località Carlesse. Nel breve tratto di tre km, muoveva le ruote del molino Bagarella, del molino Farina, della cartiera e di un altro molino trasformato poi in opificio da G. Roi, nell’Ottocento.
BUSECA
In via Buseca esisteva un’antica trattoria, ora chiusa. I primi proprietari, all’inizio del secolo, provenivano dal milanese. Buseca è una tipica zuppa lombarda, con le trippe. Il piatto particolare che veniva proposto, dette il nome all’osteria e successivamente alla via.
RADOVICH
Antonio Radovich nacque a Spresiano (TV), il 1 maggio 1837. Morì a Dueville il 29 dicembre 1923. Partecipò alla spedizione dei Mille, con G. Garibaldi.
Le scuole
Mio nonno nacque quando il Veneto diventò Italia. Ha frequentato due classi la prima inferiore e la prima superiore. Mio padre frequentò i cinque anni della scuola elementare. E’ solo da circa 100 anni, da circa tre generazioni che si è diffusa la scuola pubblica.
Prima c’erano solo delle scuole tenute dai parroci.
Guardare il viso dei bambini, con un viso un po’ triste, con un’espressione già da grandi, riempie il cuore di malinconia.
Mi piace però immaginarli, dopo la foto, sorridenti, giocosi durante la loro ricreazione.
Quasi la metà delle bambine e bambini che frequentavano la scuola primaria, venivano bocciati. Solo intorno agli anni Venti, la situazione cominciò a migliorare.
E non erano i bambini che non volevano andare a scuola, non c’erano aule sufficienti. Se tutti andavano a scuola non c’era lo spazio materiale per contenerli. Neanche in piedi. All’inizi del Novecento una maestra di Dueville scriveva: “.. ebbene la mia scuola ha bisogno sommo di banchi, giacché quel girar or qua or là le fanciulle perché possano sedersi per scrivere un pochino, rompe la disciplina, distrugge una gran parte del profitto.
La Grande Guerra
“Nel 1916, l’Austria con abile strategia, in un giorno e poco più, avanzava con ingenti forze fino al Pasubio. Prese e bombardò Asiago, fè suo Tonezza, Posina, Rotzo, Roana, l’altipiano dei Sette comuni. Gli abitanti di quei disgraziati paesi, dovettero esulare.”
Molti profughi, oltre un migliaio si erano agglomerati a Dueville. Numerose erano anche le truppe accantonate, circa 2000. Fu installato nel nuovo edificio scolastico del centro, un ospedale da campo inglese, con circa 230 posti letto.
Cinema comunale
Il cinema Comunale era nel posto dove adesso sorge il Centro Comunitario. Era un cinema parrocchiale. Si proiettavano solo i film per famiglie e bambini. Nell’altro cinema, il cinema centrale invece, si proiettavano anche film per adulti. Film per adulti erano considerati quelli che ora vedono i bambini. Un Esempio: I magnifici sette era per adulti! D’estate c’era il cinema all’aperto.
Lanerossi
Lanerossi: nel 1904 la Società del lanificio Rossi di Schio chiese al comune di Dueville di acquistare un terreno di proprietà comunale per stabilirvi un’industria tessile. La società Rossi scelse Dueville anche per gli interventi dei fratelli Busnelli: Gaspare sindaco di Dueville e Gaetano che abitava a Schio. La fabbrica Lanerossi di Dueville contribuì in maniera determinante allo sviluppo economico del paese. Lavoravano anche 1.300 persone. Caratteristica era la figura dell’operaio – contadino, essendo la piccola proprietà agricola molto diffusa.
Fornaci di calce
La zona a nord di Dueville è costituita da terreni alluvionali, ricca di ciotoli calcarei. Anche l’Astico era una miniera di tale materiale. A nord di Dueville, nelle vicinanze dell’Astico a Passo di Riva, c’era una fornace di calce.
ARNALDI
Arnaldo Arnaldi ( 1914 – 1944 ). Fu medaglia d’oro della Resistenza. Morì durante gli scontri a Granezza, nell’altopiano di Asiago.
Casa Binotto – DA PORTO
Antica e potente famiglia di Vicenza. Fin dal 1400, i Da Porto si presentavano come una famigli di tradizioni militari. Vastissimi erano i loro possedimenti nella provincia di Vicenza. L’imperatore Carlo V con diploma del 14 dicembre 1532 eresse in contea di castello di Vivaro, concedendo il titolo di “conti di Vivaro” a tutti i rami e discendenti della famiglia Da Porto. Di proprietà dei Da Porto erano a Vivaro, la villa Da Porto – Casarotto; la villa Da Porto- Del Conte; la cartiera, la ca’ Binotto in viale Vicenza e ca’ Cecchini, dopo il ponte sul Bacchiglione.
MONZA
La piazza prende il nome dalla nobile famiglia dei Monza; proveniente da Milano, ottenne la cittadinanza Veneta nel 1396. Nel 407 Alberto Monza acquistò da Cortesi da Sarego vastissimi possedimenti “ nella villa dei Doi Ville” con il privilegio di riscuotere la quarta parte della decima, di nominare i decani (sindaci), con i diritti di caccia e pesca e con la possibilità di nominare dei guardia boschi. La loro residenza era a Vicenza. A Dueville avevano, le case “dominicali”, cioè case del padrone usate dai loro fattori o palazzi di villeggiatura. Fra queste: il villino Maccà, la barchessa dietro la chiesa, la casa Ramina, il Municipio e altre ancora.
La villa fu commissionata dai fratelli Paolo e Carlo figli di Muzio Monza, nel 1715. Si attribuisce il progetto all’architetto Francesco Muttoni. La villa è di tre piani e la facciata si conclude con un frontone, ornato ai vertici da tre statue, della bottega del Marinali e rappresentano la Prosperità al centro, la Temperanza a sinistra e l’Abbondanza a destra, a significare i valori del luogo e dei suoi Signori. Oltre la gradinata si apre il portico, animato da sei colonne ioniche: due singole alle estremità e due binate al mezzo.
SANTA FOSCA
Di origine antica, nel 1107 fu donata dai Da Vivaro al monastero di Pomposa (Ferrara) con S. Maria Etiopissa. Forse di origine longobarda, S. Fosca era la chiesa di una villa o di un centro abitato, ben distinto dalla pieve di S. Maria. Si fa dunque l’ipotesi di un due distinti insediamento, di due centri; forse in questo periodo si può far risalire il nome Due – Ville. Fu adibita a cimitero nell’anno della peste del 1630 e successivamente serviva da cimitero solo in caso di epidemie. Le leggi napoleoniche, vietando la sepoltura nel sagrato della chiesa, indussero il comune a trasportare a S. Fosca stabilmente il cimitero. Prima il cimitero era nel piazzale della chiesa.
Villa Da Porto – Pedrotti, Vivaro
A poca distanza una dall’altra, dominano la campagna circostante di Vivaro, due maestose ville. Testimoni degli antichi splendori e degli antichi poteri dei nobili Da Porto, rappresentano un caratteristico e tipico aspetto del paesaggio della campagna veneta.
Si erge dal verde prato circostante, la villa Da Porto ora Pedrotti. Consta di un corpo dominicale, al cui centro è il pronao ionico, sormontato da un frontone triangolare che esibisce nel timpano lo stemma gentilizio dei Da Porto. Il primo nucleo della fabbrica risale all seconda metà del ‘500. Le ali laterali sono interventi ottocenteschi dovuti ad Caregaro-Negrin.
Dietro, un romantico parco ricco di alte essenze, una montagnola e un laghetto. Davanti la dritta strada che porta alla chiesa di Vivaro. Accanto alla villa un piccolo oratorio dedicato al nobile San Gaetano Thiene, figura notevole della Controriforma e protettore contro le pesti.
Villa Da Porto Casarotto, Vivaro
Poco lontano, a meno di un chilometro, sorge l’altra villa Da Porto ora Casarotto. L’ austero stile neoclassico imprime all’edificio un’aria severa ed austera. L’architetto fu Ottone Calderari e la villa venne terminata alla fine dei ‘700. La villa consta di un corpo centrale, quadrato, su cui s’innestano il pronao con l’antistante scalea sul davanti, e due ali arretrate ai lati.
Sulla destra della villa, un elegante ed armonico oratorio. La cappella gentilizia è opera di Ottone Calderari. La costruzione iniziò l’anno 1774 e terminò due anni dopo, nel 1776. Anche nell’oratorio, come nel palazzo, Calderari attinse alle forme del Palladio. Palladiana, in facciata, è la rotondità dei quattro fusti di colonna. La cappella è dedicata alla Vergine di Monte Berico.
Villa Fadinelli – Berdin, Povolaro, via Marosticana
Di stile neoclassico, la villa venne costruita alla fine del ‘700, dal nobile Bonaventura Fadinelli, Vicario Generale del Vescovo di Vicenza.
Villino Rossi Da Schio, Povolaro
Il villino suscita l’interesse perché conferma lo schema compositivo della loggia sopra loggia, come per esempio, il villino Camarello, sempre a Povolaro. Costruito alla fine del ‘600, rappresenta una tipica costruzione intermedia fra la villa nobiliare e l’architettura spontanea rurale.
Il 15 maggio 1889, il Consiglio Comunale di Dueville deliberò di cambiare alcuni nomi di vie, sostituendoli con altri:
via Casoni o Riorta in via Giuseppe Roi;
via piazza in piazza Monza;
via fornetto in via Garibaldi;
via Chiesa in via Roma;
via molino, (una parte), in via Caprera;
via orsole in via Emanuele;
via S.Fosca o cap
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