I Longobardi, la perfida stirpe

“Dalla  perfida e puzzolentissima stirpe dei Longobardi, che non viene neppure enumerata tra i popoli, e dalla quale è certo che abbia avuto origine la razza dei lebbrosi, bisogna liberare l’Italia…” scriveva il Papa Stefano III nel 770 al re dei Franchi, per convincerlo ad invadere l’Italia e porre fine al regno dei Longobardi.

I  legami con la perfida stirpe

Ha senso per noi, oggi, ricollegarci ai Longobardi? In che misura essi sono entrati a far parte della nostra eredità del passato?

I Longobardi non hanno posto nella nostra storia nazionale. Altri sono stati i protagonisti e i periodi che hanno inciso nelle vicende. I Longobardi non sono stati né Romani né cristiani. Anzi essi hanno combattuto contro queste due realtà. Anche se poi si convertirono e anche se si sono trasformati in continuatori ed eredi del mondo romano – cristiano, essi sono stati considerati un corpo estraneo.  Ma dopo duecento anni di vita comune, dal 569 al 774, gli invasori Longobardi e gli indigeni romani erano diventati un unico popolo e si distinguevano con molta difficoltà.

La storia dei Longobardi merita quindi una rivalutazione. E un contributo rilevante per la conoscenza di questo popolo potrà venire dallo studio della necropoli di Dueville, la più estesa fra quelle finora scoperte in Italia.

Chi sono e da dove venivano?

Dalla Pannonia, corrispondente all’odierna Ungheria, i Longobardi arrivano in Italia nel 569, sotto la guida del re Alboino. Conquistano in pochi anni gran parte dell’Italia, escluso l’Esarcato di Ravenna, la zona di Roma, la Liguria ed altre zone costiere che rimasero in mano ai Bizantini.

Di scarso numero, ma di nobile e fiero carattere, i LONGOBARDI, O UOMINI DALLE LUNGHE BARBE, trasmigrano verso l’Italia. Il numero dei migranti è forse di 150 o 200 mila individui.     Carri, armenti e famiglie rallentano l’avanzata. Solo un anno dopo varcano l’Isonzo.

I Longobardi, spinti dal desiderio di trovare regioni migliori, con la presenza di sistemi agrari meno primordiali e più favorevoli condizioni climatiche, penetrarono nella regione friulana, nel 569 e organizzarono il primo ducato: Cividale

Con l’arrivo dei Longobardi, molte città, centri abitati e “villae” romane erano in uno stato d’abbandono. Era una lunga fase di disfacimento, iniziata prima dell’arrivo dei Longobardi, caratterizzata dal restringimento delle aree abitate e dal degrado di gran parte delle costruzioni romane.

Avanzano senza incontrare ostacoli e si arrestano a Pavia. Pavia è costretta alla resa dopo tre anni d’assedio.     Alboino, il loro re, fissa la sua sede a Verona, prima capitale longobarda. A Verona egli fu poi ucciso da una congiura.

IL PROCESSO DI FUSIONE TRA LONGOBARDI E I VENETI – ROMANI

I Longobardi non si mantennero per tutta la durata del loro regno in Italia come un gruppo etnicamente distinto dalla popolazione italiana, frantumata in diversi ambiti regionali, né assicurarono la propria egemonia con l’esclusiva trasmissione del diritto, attraverso la discendenza di sangue. Lentamente anche i discendenti dei vinti ebbero la possibilità di diventare ” Longobardi” e di assumere tutti i diritti ed i vantaggi. L’elemento principale che aiutò la fusione fu quello religioso. La conversione al cristianesimo fu un fenomeno di base, silenzioso e capillari. Circa cento anni dopo il loro arrivo in Italia, i Longobardi si convertirono ufficialmente al cristianesimo.

La nascita di una nuova società

La società si articolava, la dinamica economica rompeva l’originaria compattezza della stirpe spingendo alcuni Longobardi in condizione di povertà e consentendo inoltre l’ascesa economica dei discendenti delle popolazioni vinte. La società determinatasi con il radicamento dei nuovi venuti, si organizzò accogliendo la tradizione dei conquistatori, integrandola con la tradizione romana. Si formò così una società mista ROMANO-BARBARICA.

I LONGOBARDI A DUEVILLE

A Dueville sono stati scoperti i reperti di più necropoli. Nel 1911 si scavarono 15 tombe. Nel 1954 si scavarono altre quattro tombe in località Belvedere. Simili sepolture si trovarono anche presso la badia di S.M. Etiopissa. Nel 1911 furono ritrovati 12 coltelli, quattro spathe, otto scramasax, due cuspidi di lancia, un umbone di scudo, quattro armille, una crocetta aurea, un anello in oro, due vasi di ceramica.

Gli scavi del 1993

E’ evidente data l’esistenza di più aree sepolcrali, che l’insediamento longobardo a Dueville fosse stato notevole. I ritrovamenti nelle tombe presumono inoltre la presenza costante nel nostro paese di una vasta comunità longobarda. Solo nell’area Ronzani, durante gli scavi iniziati nel 1993, nei due lotti scoperti, si possono contare oltre 400 sepolture. Tutto fa presumere che anche nelle zone limitrofe ai due lotti, ci possono essere altre numerose sepolture. E’ una necropoli molto estesa, forse la più importante d’Italia. Anche i toponimi Longobardi come S. Fosca, S. M. Etiopissa, S. Michele, danno l’idea di quanto potesse essere esteso lo stanziamento longobardo nel nostro territorio. Si sono trovati i morti, ma dove erano i vivi?

Quello di Dueville, era un insediamento longobardo stabile. “Lo scavo ha finora messo in luce quasi trecento tombe di individui maschili e femminili, di età adulta e infantile. I corredi presenti in un elevato numero di sepolture, sono composti per lo più di oggetti piuttosto modesti..” scrive Marisa Rigoni, della Soprintendenza Archeologica del Veneto.  In molte tombe è stato rinvenuto un pettine di osso, in altre delle armille (braccialetti), delle collane ed in altre, dei coltelli.

Le pertiche

Accanto alle sepolture i Longobardi piantavano delle pertiche. Come nei nostri cimiteri, davanti alle tombe, mettiamo il simbolo della croce, i Longobardi mettevano delle pertiche, semplici bastoni che indicavano la sepoltura.  Essendo la lancia l’arma tipica del guerriero longobardo, nel caso egli fosse morto lontano dal suo popolo, la lancia, sormontata da una colomba (simbolo dell’anima del defunto), veniva piantata sopra la sua tomba vuota.

Le crocette auree

L’uso di porre sul volto dei defunti un sudario su cui erano cucite le crocette era prettamente romano e cristiano. In alcune di queste croci, ritrovate nelle necropoli, sono presenti dei motivi longobardi. Questo fatto indica quanto forte fosse l’influenza della cultura romana e cristiana sui nuovi venuti

 

La crocetta di Dueville

La crocetta d’oro, rinvenuta a DUEVILLE nel 1911, è un esemplare in cui la scristianizzazione del simbolo diviene evidente. Due delle quattro figure, sono il simbolo di una religiosità elementare e solare con segni eterogenei, con la funzione di scongiurare gli influssi malefici.

IL NOME DUEVILLE

Perché in nostro paese si chiama Dueville?

Interessante notare, con riferimento in particolare a Dueville, che i Longobardi si sono spesso sorprendentemente insediati vicini ai centri della popolazione autoctona, talvolta distanti solo poche centinaia di metri.

Probabilmente questo duplice insediamento, veneto – romano e successivamente longobardo, questi due centri alquanto vicini, ma distinti, possono spiegare il toponimo Due-Ville. Due centri identificabili con questi due vicini nuclei, hanno dunque caratterizzato il nostro paese determinandone il nome.

Francesco Marchesin