Dalle strasse alla carta 

La carta con gli stracci. La carta con le strasse
Si faceva la carta con parecchie sostanze vegetali fibrose. Per le buone carte, la materia dominante è sempre lo straccio.

La preparazione si esegue con una sequenza di operazioni diverse. La raccolta degli stracci veniva organizzata da
alcune ditte specializzate oppure venivano raccolti direttamente nelle cartiere.

· si sceglievano gli stracci di cotone, lino, canapa.
· Si suddividevano in bianchi e colorati, puliti e sporchi, nuovi e usati.
· Gli stracci venivano confezionati in grosse balle che venivano vendute
alle varie cartiere.

Dalle strasse alla carta, la scelta nella cartiera.
· Una scelta più accurata avveniva in cartiera, in un locale chiamato strassaro. Le operaie eliminavano i bottoni, il cuoio, le parti metalliche.
· Eliminavano inoltre gli stracci non adatti, come la lana e la seta. Con un coltello ricurvo, fissato sopra un tavolo, si tagliavano le strasse in piccoli pezzi che venivano gettati in cestoni a seconda della loro qualità.
· Si distinguevano: gli stracci bianchi di canapa fina ( tela, orli), che era la più pregiata; stracci bianchi di canapa grezza (tele da branda, tendaggi, cinghie; stracci di canapa debole ( sacchi, federe, corde, reti da pesca); stracci colorati di canapa ( vari tessuti, calze, vele). C’erano inoltre gli stracci di cotone colorato.

Dalle strasse alla carta. La pastificazione
Per far diventare pasta gli stracci si procedeva in questo modo:
· Gli stracci così selezionati e tagliati in piccoli pezzi, venivano lavati grossolanamente, ammucchiati e lasciati fermentare per qualche tempo.
· La pastificazione. Gli stracci venivano poi messi nei folli, vasche di pietra, rotonde, dove ad opera di magli e pestelli, si riducevano in pasta.
Dopo aver sminuzzato gli stracci, si imbiancano con il cloruro di calce. Questo impasto, o pasta veniva messo in grandi recipienti chiamati tini, mescolato e diluito con molta acqua. La pasta era grassa o magra. Si aggiungeva la soda caustica.

 Dalle strasse alla carta. Il foglio di carta
· L’operaio prenditore immergeva nel tino un staccio rettangolare: la forma. La forma era munita di una cornicetta, sul lato superiore, chiamata cascio, che regolava lo spessore del foglio di carta.
· L’operaio prenditore toglieva con un movimento oscillatorio la forma dal tino per distribruire in modo uniforme le fibbre e per far drenare l’acqua.
· Un secondo operaio, l’operaio ponitore, rovesciava la forma, con il foglio di carta, sopra un feltro di lana.
· Sopra il foglio di carta, veniva posto un altro feltro, quindi un altro foglio di carta, fino alla formazione di una pila, chiamata posta.

Dalle strasse alla carta. Il torchio
· La posta veniva messa sotto il torchio e pressata il più possibile, finchè l’acqua non usciva più.
· Dopo questa operazione la posta veniva levata da un terzo operaio chiamato levatore. Il levatore separava ad uno ad uno i feltri dai fogli di carta. I feltri li ritornava al ponitore e i fogli di carta venivano sovrapposti uno sopra l’altro, ottenendo una seconda posta, senza feltri, chiamata posta bianca che veniva mandata nuovamente alla pressa.
· Questa pressatura poteva durare anche delle ore. Per le carte più fini, l’operazione era ripetuta altre tre o quattro volte. In questo caso dopo ogni pressatura, le mazzette di fogli della posta bianca venivano scambiate di posizione affinchè tutti i fogli si presentassero con un aspetto uguale e con un tenore di umidità analogo.
· Alla fine di queste pressature i fogli di carta contenevano ancora una quantità di acqua pari alla metà del loro peso.

Dalle strasse alla carta. Lo stenditoio – stendaoro
Lo stenditoio, chiamato tendaoro, occupava tutto il piano superiore della cartiera. C’erano numerose e grandi finestre con i balconi, muniti di tavole di legno orientabili per garantire il ricambio dell’aria e per regolare la ventilazione. Al suo interno c’era una fitta impalcatura di travetti, i paeti.
Venivano poi tesi degli spaghi di canapa o spaghi fatti con le fibbre di ortica, disposti su vari livelli, per occupare completamente lo spazio del tendaoro.
· I fogli umidi, a mazzette di quattro – cinque, venivano posti sopra lo spago, dove rimanevano fino al completo asciugamento.
· Il tempo occorrente per l’asciugatura dipendeva dalle stagioni e dalla qualità della pasta. Più la pasta era grassa, più tempo impiegava per asciugarsi.
· Quando i fogli erano asciutti, venivano raccolti, impilati e riportati nel locale sottostante della cartiera per essere incollati.

Dalle strasse alla carta. L’incollatura 
· L’incollatura o collatura si rendeva necessaria per rendere idrofuga la carta, per poter scrivere, altrimenti era una carta assorbente.
· L’incollamento si operava all’inizio, con la gelatina animale. Questa sostanza veniva preparata facendo bollire per lungo tempo in un pentolone gli scarti della macellazione degli animali, carniccio e cascami di pelli, provenienti dalle concerie.
· Successivamente si incollava la carta anche con un sapone resinoso, con fecola e allume (solfato doppio idrato di un metallo monovalente).
· I fogli di carta venivano immersi uno ad uno, nella soluzione di gelatina ancora calda e si formava una posta.
· L’asciugatura dei fogli avveniva nel tendaoro e non doveva essere nè troppo rapida nè troppo lenta. Per le carte più pregiate si ripeteva l’incollatura una seconda volta.
· Si procedeva poi ad una sommaria lisciatura con successive pressature di una posta.
· Prima della spedizione i fogli venivano esaminati ad uno ad uno,
classificati in varie scelte: prima, seconda, contati e impaccati.

Dalle strasse alla carta. La forma
la forma è un setaccio rettangolare che l’operaio tenditore immerge nel tino per raccogliere la pasta. Il fondo della forma era costituito da una fitta serie di fili di ottone chiamati vergelle, paralleli fra loro, dello spessore di 0.3 – 0.5
millimetri, legati tra di loro da altri fili metallici ancora più sottili. Tale forma si dice a vergelle, e carta a vergelle o carta vergata. In trasparenza si notano chiaramente i segni delle vergelle, che appaiono più chiari.

La carta velina
Se si sostituisce la rete di vergelle con una sottile tela, tessuta con fili metallici, la carta appare in trasparenza del tutto uniforme ed è chiamata carta velina.

La filigrana 
Per ottenere la filigranatura dei fogli, basta fissare, sulla faccia superiore del fondo della forma, la figura, il simbolo o la lettera, con un filo di ottone. In corrispondenza delle figure, il foglio rimane più sottile e, visto in trasparenza, si può notare il suo segno. In questo modo i cartai hanno potuto marchiare con le filigrane, le carte di loro produzione che venivano distinte da
quelle dei concorrenti.

Il formato dei fogli
Gli spessori ed i formati dei fogli di carta dipendevano dai committenti.
C’erano formati standard:
piccola 32 x 43; mezzano 38 x 49; bastardo 42×60; reale 50×70; imperiale 60×83.