STORIA DELLA SCUOLA DI VIVARO DI DUEVILLE

Documenti, testimonianze, ricordi

Autori Vari

1a edizione – Settembre 2021

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Si ringraziano tutti coloro che hanno messo a disposizione le fotografie

Un pensiero di Giusy Armiletti Sindaco di Dueville

Un pensiero di Giusy Armiletti Sindaco di Dueville

Per iniziare questo breve saluto, che mi fa particolarmente piacere, ho riletto prima la definizione riportata nei dizio- nari alla parola SCUOLA (attività organizzata e metodica per l’insegnamento di una o più discipline) e poi ne ho cercato il significato etimologico.

La parola scuola fa riferimento al termine greco scholè ed al corrispondente latino otium.

La scuola (scholè) era l’otium, il tempo libero, che era tutto il tempo di coloro che non erano obbligati a lavorare

— quali oggi sono i giovani−, tempo che essi dedicavano a far le cose amate, desiderate, tra le quali era appunto lo stu- dio, inteso come passione, amore del sapere (filosofia: filos, amore − sophia, sapere).

Era insomma la filosofia: ciò che si ama, che si fa nel tempo libero.

E poi c’è la definizione che ognuno di noi può dare, ba- sandosi sulla propria esperienza personale, su cosa ha vissuto nella propria classe, con i propri insegnanti, i compagni di classe, i collaboratori scolastici. Quanti ricordi ci portiamo nel cuore, testimonianze che affiorano con potenza ogni vol- ta che sfogliamo gli album di fotografie o incontriamo chi ha vissuto con noi gli anni della nostra formazione.

L’idea di fermare questi ricordi con una pubblicazione mi piace davvero tanto, e non posso che ringraziare chi ha dedicato del tempo per far sì che le tante esperienze vissute nella scuola primaria di Vivaro siano ricordate con gratitu- dine, affetto e simpatia.

La mia attività di amministratore (in particolare da quan- do sono Sindaco) si lega indissolubilmente al mondo della scuola: le mie visite, ripetute, in tutte le scuole, hanno ri- empito un mio zaino immaginario di volti, incontri, attività, pensieri, feste, progetti, recite, e tanta passione. Un amore del sapere condito da stupore ed entusiasmo che a Vivaro non sono mai mancati.

Concludo con un grande GRAZIE a chi, ogni giorno come negli anni passati, si impegna per riempire gli zaini della vita di ogni ragazzo e ragazza che varca la soglia della scuola, al suono della campanella di inizio giornata.

Giusy Armiletti

Una piccola scuola, una piccola comunità con la sua storia e la sua identità

 

Scoprire il passato delle persone, delle strade, degli edifici del paese dove abitiamo, dei luoghi vicini a noi, ci aiuta

a capire chi siamo. Scoprire il passato per capire chi siamo adesso e come potremo essere in futuro.

Ogni scuola ha una sua identità. Ogni scuola si carat- terizza per il luogo dove è situata e per le persone che la frequentano. Ci sono le scuole delle grandi città, dei paesi, dei piccoli paesi. Ci sono scuole di montagna, di mare, di pia- nura. Ci sono tante scuole simili, ma ogni scuola si distingue e si identifica con la comunità in cui è inserita.

La scuola di Vivaro è una piccola scuola, è la scuola di una frazione di un medio paese di provincia. Con la chiesa, definisce la piazza del paese, situato in mezzo alla campagna.

Dalla prima alla quinta, tutti i bambini si conoscono. E anche i loro genitori. Gli insegnanti collaborano fra di loro e tutti insieme formano una piccola comunità.

La scuola di Vivaro ai giorni nostri

 

Insegnare a Vivaro ha rappresentato per molti di noi una scelta. Per altri è stato un caso che, nel tempo, si è rivelato fortunato dal momento che ancora oggi ci si riunisce a pro- grammare insieme l’inizio di un anno scolastico e le varie

attività a seguire.

Il tempo per ritrovarci, dopo molti anni di insegnamento, rappresenta forse il primo ingrediente di una scuola che ci piace vivere e che ci appassiona “fare”.

Il merito va sicuramente a chi ci ha preceduto e che ci ha permesso di muovere i primi passi, all’interno di questa real- tà, su orme forti e consolidate, che invitavano a proseguire e ad andare oltre. L’incontro tra persone sensibili ai più diversi temi educativi e a come cercare di declinare questi in metodi che fossero il più vicino possibile alle bambine e ai bambini, ha fatto della nostra scuola un posto dove noi stiamo bene e dove desideriamo che loro si sentano ancora meglio.

Ci sentiamo vicini a una didattica che parta sempre dalla tutela della qualità della vita degli alunni che accogliamo e di quella delle loro famiglie. Quando inizia un nuovo anno scolastico i bambini della prima classe trascorrono gran parte del tempo, tra loro e con noi, in attività che promuovono l’accoglienza, la relazione e la condivisione di emozioni vissu- te. E’ un percorso che rimane costante anche nelle classi che seguono, prende ogni volta strade nuove a seconda dell’età dei bimbi, dei loro bisogni e delle esigenze che nella quoti- dianità vengono a crearsi. Ci piace pensare che un bambino

che si sente prima di tutto accolto, sarà un bambino che frequenterà volentieri la scuola e la sua serenità sarà, di conseguenza, anche quella dei genitori che lo affidano ogni mattina agli insegnanti.

Tutti i bambini che incontriamo saranno gli adulti di domani: noi vorremmo che imparassero a vivere cercando sempre il loro benessere e che camminassero nel mondo in modo critico e responsabile. Quando arrivano a scuola sanno già fare molte cose e ne conoscono tante altre, per questo si cerca di partire sempre valorizzando ciò che loro sono, la ri- teniamo una condizione essenziale all’apprendimento, quello che si costruisce lavorando assieme e condividendo esperien- ze. Questo può accadere tra pari ma anche aprendo le porte delle aule e affiancando i piccoli ai più grandi, in percorsi che possono riguardare la lettura di storie, l’esplorazione e la cura del nostro meraviglioso ambiente, la semina delle nuo- ve piantine nell’orto, la creazione di manufatti per il nostro Mercatino di Natale che aiuta a sostenere il diritto allo studio di alcuni loro coetanei in terre africane. Conoscere non deve essere un processo meccanico ma ha sempre a che fare con la scoperta di qualcosa: le esperienze che privilegiamo vivere con i nostri alunni sono quelle che implicano la necessità di porsi domande, di trovare risposte, di individuare dei metodi di ricerca che non siano mai gli stessi per tutti e che possano trasformarsi in abilità per diventare donne e uomini liberi e, se possibile, felici.

Bisogna conoscerli i bambini e amarli nel profondo per vederne i risvolti più nascosti, quelli che ci parlano di voglia di apprendere, di superare le paure, bisogna vederli per ciò che sono ora e non per ciò che gli adulti pensano di loro. A volte questi adulti posizionati in alto, che stabiliscono norme

organizzative e didattiche senza sapere cosa significhi trascor- rere molto tempo con i bimbi e occuparsi del loro “diventare grandi”, ci incutono del sano timore. Li rispettiamo, certo, ma talvolta ci domandiamo come dare un senso a ciò che ci viene chiesto e che, di conseguenza, chiediamo alle nostre bambine e ai nostri bambini. Dobbiamo sempre e comun- que andare verso una grande idea di scuola, in cui nessuno, adulto o bambino che sia, si senta solo a coltivare il proprio orticello: dalle famiglie mononucleari a quelle allargate, dagli stranieri ai bimbi con disabilità. Una scuola che garantisca a tutti la stessa preparazione e uguale benessere.

Noi maestri vediamo i bambini oggi e vogliamo conti- nuare a vedere, in loro che crescono, le brave persone che diventeranno. Le scelte di oggi sono importanti per i nomi di chi ci sta dinanzi a sei, sette, otto, nove, dieci anni di età. Vorremmo che la nostra scuola assomigliasse sempre a quel posto speciale dove chiunque entri, siano bambini o familiari, insegnanti o collaboratori, trovi un luogo caldo e disponibile ad ascoltarlo, ad ascoltare non solo quello che sa ma anche ciò che sente.

Vivaro, 30 aprile 2021

Gli insegnanti: Paola Brunello, Roberta Cerato, Paola Tapparo, Maura Pascale, Anna Nichele, Sofia Dalla Fina, Anna Ferracina, Sara Tregnago, Stefania Gabrieletto, Diego Crosara, Cristina, Avancini, Marcello Sasso, Angela Maria Torelli, Maria Gabriella Clementi, Maria Mariga.

Le scuole a Dueville

di Francesco Marchesin
 

Mio bisnonno nacque quando il Veneto diventò Italia e non è mai andato a scuola.

Mio nonno invece ha frequentato due classi, la prima inferiore e la prima superiore. Mio padre frequentò i cinque anni della scuola elementare. È poco più di 100 anni, da circa tre gene- razioni, che si è diffusa la scuola pubblica in Italia. Il bisnonno di Marisa invece, che abitava in Trentino, territorio austriaco, sapeva leggere e scrivere, come tanti suoi coetanei.

Dal censimento del 1881, l’analfabetismo in Italia e in Spagna era intorno al 70%. In Germania, Austria, Svizzera, era invece intorno al 10%. Perché?

I paesi più alfabetizzati, alla fine dell’Ottocento, erano i paesi del Nord Europa: Germania, Austria, Inghilterra. Erano i paesi più industrializzati, ma soprattutto di tradi- zione protestante, influenzati cioè dalla riforma di Lutero.

Il protestantesimo, con l’insistenza tipica sul dovere di lettura diretta e personale delle sacre scritture, è stato uno stimolo determinante perché le persone frequentassero le scuole e le autorità pubbliche le istituissero in ogni paese e città. Negli stati cattolici, come la Spagna e l’Italia, non c’era questa necessità perché erano i sacerdoti che leggevano e spiegavano la Bibbia ai fedeli.

L’Austria proclamò l’obbligatorietà delle scuole popola- ri gratuite nel 1818. Notizie certe dell’esistenza di scuole a

Dueville in questo periodo non ce ne sono. Successivamente, in virtù del concordato fra Austria e S. Sede, del 1855, nella scuola primaria si inserirono molti sacerdoti e tutti gli ispet- tori furono scelti tra il clero.

Dopo 400 anni di governo della Serenissima e dopo cir- ca 50 anni di governo austriaco, con l’unità d’Italia, all’or- dinamento austriaco si sovrappose nel Veneto la piemontese legge Casati. Era un ordinamento di carattere accentratore e burocratico e rifletteva la realtà piemontese, ben diversa dalla realtà veneta. La legge ordinava l’amministrazione centrale, le università e la scuola superiore. La scuola po- polare vi trovò solo un piccolo posto.

L’insegnamento era affidato alla buona volontà dei co- muni, che dovevano assumere direttamente i maestri, ma senza alcuna garanzia finanziaria. Si prevedeva l’obbligo scolastico di due anni, nei comuni con meno di 4.000 abi- tanti. Ai maestri, mal retribuiti e carenti di qualificazione professionale, si richiedevano tre cose: un po’ di sapere, molto cuore, devozione senza limiti al proprio dovere.

A Dueville, l’analfabetismo prima del 1904 era intorno al 50%. Due anni dopo si era ridotto della metà, con l’insedia- mento della Lanerossi. Perché? Per essere assunti, bisognava aver assolto l’obbligo scolastico di due anni. La prima infe- riore e la prima superiore. A Dueville frequentavano circa il 60% degli obbligati.

Nel 1879 a Dueville c’era una scuola unica rurale maschi- le, con tre classi, tenute dal maestro Lodovico Cabianca. La prima superiore e la seconda frequentavano alla mattina dalle ore 9 alle 11. La prima inferiore dalle ore 1 alle 3 pomeridia-

ne. Erano iscritti 105 alunni, ma appena la metà frequentava. Quasi il 40% degli alunni veniva bocciato.

Il sopraintendente scriveva nella sua relazione:

[…] le cause sono: mancanza della scuola, famiglie pove- re, occupazione dei fanciulli nei piccoli lavori di campagna; l’avere il maestro o le maestre diverse classi delle quali mentre se ne istruisce una l’altra difficilmente si applica.

La maestra di Dueville Zorzan scriveva al sindaco:

Senza disciplina invano la maestra si affatica, si chiede che la stanza ove si raccolgono le scolare sia provveduta del necessario. Ebbene la mia scuola ha bisogno sommo di banchi giacché quel girar or qua or là, le fanciulle perché possano sedersi per scrivere un pochino, rompe la disciplina, distrugge gran parte del profitto…

Fino al 1905, quasi la metà delle bambine e bambini che frequentavano la scuola primaria venivano bocciati. Molti non andavano a scuola. Non erano i bambini che non volevano andarci, il problema era la mancanza di aule a sufficienza. Se tutti fossero andati a scuola non ci sarebbe stato lo spazio per contenerli. Neanche in piedi. In ogni classe c’erano oltre 70 alunni. A Dueville si decise nel 1906 di sdoppiare la prima maschile con 97 bambini. C’erano altre tre classi con più di 70 alunni.

Solamente nel 1911 si giunse ad una definitiva decisio- ne di dare a Dueville, che contava circa 6.000 abitanti, un fabbricato che riuscisse “bello e grandioso fornito di tutte le

comodità oggidì richieste. Dove venisse impartita l’educazione della mente e del cuore, dove il fanciullo avrebbe imparato ad essere integerrimo cittadino, utile alla famiglia, alla patria, alla società.”

Si acquistò il terreno che dalla ghiacciaia comunale si protendeva verso via Belvedere. Il progetto fu affidato all’in- gegnere Zuccato di Thiene. La ditta Tagliaferro e Poncato di Dueville fu incaricata dell’esecuzione dei lavori dando in questo modo occupazione per tutta la stagione invernale a circa 50 operai del paese. L’edificio di via IV novembre fu terminato nell’ottobre del 1915, pur con le difficoltà causate dalla guerra. La spesa effettiva fu di 134.590 lire, compren- siva dell’impianto di riscaldamento e dell’arredamento. Lo Stato concorse con un terzo della spesa.

Le scuole nuove non poterono però ospitare subito i bambini. Nel 1916 fu installato un ospedale da campo inglese con 230 posti letto.

La scuola elementare di Vivaro

Un po’ di storia

Le prime notizie sono state trovate nell’archivio del Co- mune di Dueville, nel registro delle delibere del Consi- glio Comunale e altre nel libro manoscritto dai parroci che scrivevano gli avvenimenti più significativi che avvenivano in parrocchia. Altri documenti precedenti, si trovano nelle visite pastorali, depositati nell’archivio della curia vescovile

di Vicenza.

La scuola di Vivaro fu costruita negli anni Trenta. Le pri- me scuole a Vivaro erano invece nell’edifico posto di fronte alle scuole attuali, nella ex sede parrocchiale.

Nel 1862

Il 15 agosto 1862 si pose la prima pietra della nuova chiesa. La chiesa fu opera di don Domenico Valle, nativo di Breganze. Per 34 anni resse con zelo questa parrocchia. Morì l’8 aprile 1889 a 66 anni. Nel 1894, nell’aprile, furono scavate le fondamenta del nuovo campanile e fu eretto tutto con le offerte della parrocchia.

11 ottobre 1876

Dal 1874 si era stabilito di costruire le scuole di Vivaro con lavori in economia. Ora le scuole sono terminate e bi- sogna provvedere all’arredamento. Si propone l’acquisto di circa 8 banchi di abete, di un tavolo e di una sedia. Qualche consigliere non è d’accordo perché la popolazione di Vivaro

è scarsa e propone di non aprire anche la scuola femminile. Il sindaco ribatte che tutti hanno lo stesso diritto perché tutti pagano le tasse. Si delibera l’apertura delle scuole di Vivaro nell’anno scolastico 1876 – 77.

1879

Coaro don Antonio era il cappellano e maestro della clas- se maschile, gli iscritti erano 32. Anna Bettale era la maestra della classe femminile con 15 iscritte.

1894

In questo anno fu piantata la canna in piazza. L’ac- qua pura era una necessità per le scuole e gli abitanti. Si attingeva l’acqua da una fontanina che sorgeva nel fosso, acqua non salubre. Alla fonte si pose il nome di Vittoria. Il 25 maggio fu benedetta solennemente alla presenza delle autorità. Gli alunni e le alunne delle scuole offrirono fiori e pronunciarono una poesia.

4 dicembre 1895

Si decide di acquistare una stufa per la scuola di Vivaro, perché il freddo eccessivo impedisce che i fanciulli, quasi tutti di sei anni, possano frequentarla. Si considera giustissima la domanda per riguardo ai teneri bambini di sei anni che per quattro ore al giorno devono stare fermi e per di più scrivere in un ambiente assai freddo.

19 settembre 1909

Fece il suo ingresso il nuovo parroco don Antonio Ber- tozzo di 42 anni, nato a San Benedetto di Trissino. Fu par- roco a Vivaro per 22 anni.

22 ottobre 1921

Le condizioni delle scuole di Vivaro sono pessime. Si deli- bera di aspettare tempi migliori per le scuole ex novo. Intanto si propone di rifare il nuovo tavolato del pavimento.

Negli anni Trenta, si costruì finalmente la scuola nuova.

1990-1995

La vicenda della scuola di Vivaro nei giornali

 

Nel 1993, in provincia di Vicenza, si cominciò la ra- zionalizzazione delle scuole e molte piccole scuole furono chiuse. Anche per la scuola di Vivaro c’era il rischio

di chiusura.

La scuola era piccola sì, ma si era formato un gruppo affia- tato di insegnanti. Le classi non erano tanto numerose, così si potevano fare parecchie iniziative.

  • La settimana bianca a Folgaria. Si partiva alla domenica pomeriggio e si tornava il sabato, evitando il fine settima- na. In questo modo l’albergo, i corsi sci, gli impianti di risalita erano convenienti e in tutti i dieci anni ci hanno mantenuto dei prezzi riservati di favore. In questo modo abbiamo dato la possibilità a tutti i bambini a fare questa importante esperienza, con un costo accessibile.
  • Giochi al pomeriggio a scuola per educare i bambini attraverso il gioco, alla socialità, al rispetto delle regole, divertendosi.

Giornale di Vicenza

Martedì 30 giugno 1993

Giornale di Vicenza

Aprile 1993

Nel 1993 non è partita la classe prima. Il comune, d’ac- cordo con la direzione didattica proponeva la chiusura della scuola. Tutta la comunità di Vivaro, il comitato civico e so- prattutto i genitori, si sono opposti a questo tentativo.

Giornale di Vicenza

Sabato 30 ottobre 1993

Gazzettino

Sabato 30 ottobre 1993

(a pagina 26) Giornale di Dueville

Ottobre 1993

Il comitato civico:

Una proposta nuova ma antica

Antica perché per secoli, le comuni- tà venete si sono autogovernate con una forma di democrazia diretta.

Nuova perché questa proposta non parte dai partiti, ma dai cittadini; non parte dall’alto, ma dal basso.

Cittadini responsabili e consapevoli di far parte di una comunità, senza divisioni in schieramenti politici. Per risolvere i problemi di un paese non ci dovrebbero essere alternative di destra o di sinistra ma scelte concre- te e condivise per il bene di tutti.

Il Municipio si dovrebbe trasfor- mare nella Casa Comune di tutti e ogni cittadino dovrebbe poter con- tribuire con le sue idee alle decisio- ni strategiche per la comunità in cui vive e lavora.

Giornale di Vicenza

Venerdì 22 ottobre 1993

L’altra proposta che si è potuta realizzare è stata l’istituzione del tempo pieno. Intanto per consentire la ristrutturazione della scuola, per un anno Vivaro è stata ospitata nella scuola elementare di via dei Bersaglieri.

In quell’anno ci furono 20 iscritti alla prima classe.

Giornale di Vicenza

4 luglio 1996

L’insegnamento:

le due voci di un’Italia bambina

R  

acomandemo che ai puti se insegni a ben leggere, a ben scrivere, a ben abacar, ma sora tuto a essere ga- lantomeniraccomandava il provveditore di Vicenza Pa- olo Lioy, riprendendo una massima di un magistrato della

Repubblica Veneta.

Educare più che si può, istruire quanto basta, era la filosofia della scuola di quel tempo. Formare cioè una gene- razione per quanto possibile istruita, ma soprattutto onesta, operosa. Si insisteva sul sacrificio, sul lavoro sui doveri verso la famiglia e la patria.

Dettati, pensierini, temi erano permeati di moralismo.

I due libri più famosi erano: “Pinocchio” e “Cuore”, le due voci di un’Italia bambina.

Dall’archivio delle scuole elementari

Dettato

È proprio una disgrazia non aver voglia di lavorare.

Mi ricordo che fin da bambino quel disgraziato faceva disperare sua madre per la sua pigrizia. Egli è cresciuto, ma non sa far nulla…

Dettato

Ernesto non si lavava e pettinava. Mangiava cibi or troppo caldi, ora troppo freddi. Rompeva con i denti noci e nocciole. Non è dunque meraviglia se quel bestiuolo ave- va cattiva dentatura, brutto colore, capelli sporchi sicché nessun fanciullo volea sedersi accanto…

Tema:

Raccontate quello che è successo a vostro fratello per la sua golosità.

Mio fratello, quando la mamma andò al mercato, corse in cima al melo e mangiò una spanciata di mele. Sentì poi un forte dolore. La mamma quando tornò a casa, capì che aveva mangiato troppo. Lo mise a letto e gli diede una forte medicina, l’olio di ricino…

Bambini, genitori, insegnanti, educazione

di Genzianella, Marisa e Francesco

Il bambino, chi pensate egli sia?

Per Maria Montessori il bambino è un essere completo, con una mente assorbente, capace di sviluppare energie crea- tive. In lui sono presenti tutte le potenzialità di una persona.

Per Rita Levi Montalcini: Mamme e papà attenti: i bam- bini vanno trattati da UOMINI

Usare premi e castighi? Un errore. Ma allora che bisogna fare per educare meglio i nostri bimbi? Dialogare. Conta il ra- gionamento, la creatività, l’imparare insieme senza gerarchie. Perché il loro cervello funziona proprio come quello degli adulti. Già a tre anni hanno le stesse capacità di un adulto.

Che cosa vuol dire educare? Una risposta di 16 secoli fa

L’educazione dei figli è impresa per adulti disposti ad una dedizione che dimentica se stessi.

Il bene dei vostri figli sarà quello che loro sceglieran- no: non sognate per loro i vostri desideri. Non pretendete dunque di disegnare il loro futuro: siate fieri piuttosto che vadano incontro al domani con slancio, anche quando sembrerà che si dimentichino di voi.

Non incoraggiate ingenue fantasie di grandezza, ma non siate neanche la zavorra che impedisce loro di volare.

Non arrogatevi il diritto di prendere decisioni al loro posto, ma aiutateli a capire che bisogna sempre fare delle scelte. Più dei vostri consigli li aiuterà la stima che hanno di voi e che voi avete di loro. Più di mille raccomandazioni soffocanti saranno aiutati dai gesti che videro in casa, la stima vicendevole, l’affetto, la forza di sorridere.

S. Ambrogio Vescovo di Milano

(340 – 397 d.c.)

Educazione secondo Gianni Rodari

Rimane la necessità di comunicare ai bambini non solo il piacere della vita, ma anche la passione della vita, di edu- carli non solo a dire la verità. ma anche di avere la passione per la verità. Vederli felici non ci può bastare. Dobbiamo vederli appassionati a ciò che fanno, a ciò che dicono, a ciò che vedono.

Educazione

Il significato della parola educazione deriva da ex – du- cere, cioè condurre fuori, tirar fuori quello che c’è dentro.

Aiutare ad essere quello che si è e non solo mettere dentro. Spesso invece per educazione si intende accumula- re, mettere dentro nell’altra persona i nostri sentimenti, le nostre regole, la nostra etica e le nostre paure.

I bambini sono invece, protagonisti della propria educa- zione, i genitori e gli insegnanti porgono l’aiuto necessario, aiutandoli a fare da soli, senza lasciarsi prendere dalla ma- nia e dall’ansietà dal volere avere un figlio perfetto.

Come avviene l’apprendimento?

Per lo psicologo svizzero Piaget, sui i cui studi sono stati impostati i programmi del 1955, lo sviluppo del bambino procede per fasi o stadi.

La storia, la geografia e le scienze ed altre discipline, si insegnavano a partire dalla terza elementare perché si pensava che il bambino ad una certa età, non poteva ap- prendere certi concetti.

Per lo psicologo americano Bruner invece, il bambino può capire qualsiasi concetto, se si trova il linguaggio ap- propriato e adatto al bambino. Di conseguenza, si modifica- rono i programmi e fin dalla prima elementare si cominciò ad insegnare la storia, la geografia, le scienze, la lingua straniera e altre discipline.

Chi pensate sia il maestro?

Questa è la domanda che ci siamo sempre posti. Per la risposta facciamo nostra questa riflessione:

“Ricevere in consegna i figli di altri genitori per educarli, mi ha sempre dato un senso di sgomento. Mi chiedevo: se i genitori fossero liberi di scegliere la persona che educherà il proprio figlio, come sono liberi di scegliere il medico, il parrucchiere, verrebbero da me? In una scuola che avesse come fine la formazione del fanciullo, l’indirizzo educativo dovrebbe essere il primo argomento da discutere fra genitori ed insegnanti. Invece spesso non se ne parla nemmeno, come se la scuola fosse proprietaria dei bambini.”

Mario Lodi, 1970, Il Paese sbagliato.

Che ruolo ha il maestro?

Aiutarli a crescere e a fare da soli, per essere autonomi Il bambino impara da solo. A due anni apprende il lin- guaggio, un apprendimento complesso. Impara a camminare,

un’abilità motoria articolata. Impara usando i suoi cinque

sensi. Il bambino vuole imparare, ha i mezzi per farlo, biso- gna solo aiutarlo ad usare questi mezzi. Ha bisogno di essere libero di esplorare il mondo con calma.

Il bambino deve sentire la nostra considerazione, la no- stra comprensione e la nostra stima nei suoi confronti.

Ha bisogno di frequenti lodi e incoraggiamenti, più che di rimproveri. Ha bisogno di sentirsi speciale e di essere ap- prezzato per quello che riesce a fare.

Come possiamo aiutare il bambino?

  • Il bambino ha bisogno di amore, di calore e sicurezza;
  • ha bisogno di essere trattato con rispetto;
  • ha bisogno di comprensione;
  • ha bisogno di essere libero di esplorare il mondo con calma;
  • ha bisogno di regole che vengano rispettate con coeren- za e giustizia;
  • ha bisogno di frequenti lodi e incoraggiamenti, più che di rimproveri.
  • Date al vostro bambino la possibilità di scegliere.
  • Aiutatelo a Fare da solo.
  • L’esempio vale molto di più di tutte le raccomandazioni.

I genitori

I genitori hanno il ruolo fondamentale nell’educazione. Con gli insegnanti dovrebbero concordare gli aspetti indispen- sabili per la riuscita del progetto educativo. Insieme stabilire i comportamenti coerenti a casa, a scuola e nelle situazioni quotidiane.

Per coinvolgere maggiormente i genitori nel progetto educativo, sono stati organizzati incontri con genitori ed insegnanti, con psicologi, con educatori e talvolta anche con l’intervento dei bambini stessi. Abbiamo spesso rilevato che i bambini partecipano con molto buon senso e a volte indicano delle soluzioni e fanno proposte innovative.

E se non si possono esaudire alcune richieste, capiscono le motivazioni e il punto di vista dei genitori e degli insegnanti.

Tutti gli incontri sono stati un’utile occasione di riflessio- ne su se stessi e di crescita personale. I bambini si sono resi conto che i genitori e gli insegnanti hanno sempre a cuore la loro crescita, il loro apprendimento, la loro educazione.

Lode o rimprovero?

  1. Fate elogi molto specifici. Dite al bambino esattamente che cosa ha fatto di positivo. Lodatelo immediatamente dopo quel comportamento.
  2. Fate elogi piacevoli. lodate in maniera sincera. I bambini colgono subito la rabbia o la frustrazione che si possono nascondere sotto la lode. Un elogio non sincero può solo nuocere più che aiutare.
  3. Lodate con buona frequenza. Un elogio dovrebbe ricorrere molto più spesso dei rimproveri. L’elogio serve spesso a ricordare al bambino le regole della classe o della famiglia.
  4. Rispettate sempre le promesse. Promettere solo le cose che si possono mantenere.
  1. Assegnate solo le punizioni che sono state programmate e previste dai bambini.
  2. Fornire sempre una giustificazione logica ogni volta che si infligge una punizione.
  3. Rendere la sanzione relativamente breve, attinente al problema e costruttiva. Esempio: lavori domestici.
  4. Negoziate sempre sanzioni con vostro figlio.
  5. Evitare assolutamente sanzioni dettate da rabbia, frustra- zione o imbarazzo. Le sanzioni devono educare.
  6. Mantenere sempre la calma.
  • Non usare sanzioni, rimproveri o punizioni duri, imba- razzanti o crudeli. Mai in presenza di altri. Le punizioni fisiche non sono sistemi educativi efficaci.
  • Evitare l’attacco alla persona sminuendola o umiliandola, evitare punizioni che rivelano ostilità o rifiuto. Evitare parole offensive o denigratorie.
  • Se non siete sicuri delle vostre capacita di applicare san- zioni con calma, evitate di farne uso.
  • Ricordarsi che le gratificazioni sono molto più efficaci e potenti delle punizioni.

Come possiamo aiutare i bambini?

“Non incoraggiate ingenue fantasie di grandezza, ma non siate neanche la zavorra che impedisce loro di volare.”

Cerchiamo di dare loro una immagine equilibrate di se stessi, senza esagerazioni negative o positive. Aiutiamoli a non porsi obiettivi esagerati e non realizzabili, Aiutiamoli a non correre rischi eccesivi mettendo in pericolo se stessi e gli altri. Aiutiamoli ad accettare i propri difetti e far capire che ogni giudizio, anche non positivo, porta con sé una oppor- tunità: quella di imparare qualcosa.

Giochiamo insieme?

È una richiesta che fanno spesso i bambini. Se ricevono quasi sempre delle risposte negative, non lo chiedono più. Abbiamo cercato quindi di organizzare occasioni per stare insieme. Giocare insieme. Dove non c’era solo una mamma ed un papà che giocano con il loro figlio, ma tante mamme e

tanti papà che giocano con tanti figli. Mi ricordo in settimana bianca, quando un bambino aveva bisogno, si rivolgeva al primo adulto vicino, con la certezza che sarebbe stato aiuta- to. E gli adulti avevano la stessa attenzione per tutti i bambini come quella verso il proprio figlio.

I bambini hanno bisogno di giocare. Il gioco è uno stru- mento utile per interagire con gli altri bambini. Giocare insieme è la prima esperienza di socialità che sperimentiamo nell’età infantile. Attraverso il gioco aiutiamo a sviluppare buone doti comunicative e sociali, il valore della collabora- zione, della cooperazione, della solidarietà, dell’empatia e fornendogli un primo senso di appartenenza a un gruppo. Il gioco organizzato diventa educazione civica e abitua il bam- bino a rispettare gli altri e l’ambiente, seguendo le regole.

Compiti per casa

Compiti per casa per mamma e papà:
  • parlare, dialogare, ascoltare i propri bambini;
  • giocare con loro;
  • costruire qualcosa con loro;
  • leggere. È una buona abitudine per le mamme ed i papà quella di leggere ai bambini delle fiabe e storie, prima di addormentarsi. Rinsalda i legami affettivi e fa scoprire ai bambini il piacere della lettura;
  • ricordarsi che l’esempio vale molto di più di tutte le rac- comandazioni.
Compiti per i bambini:
  • giocare e far divertire mamma e papà!

Esempi di contratti fra alunni ed insegnanti


Testimonianze e ricordi

Una classe della maestra Mimma Arnaldi

Una classe della maestra Rina Vialetto

La parola ai bambini, nelle assemblee

Perché spesso si dice che i bambini si comportano male? Classe quarta

I bambini si comportano male perché qualcuno fa loro dei dispetti o perché vogliono farsi vedere. Credono di es- sere più belli, più forti, essere chi sa chi. Invece non sanno che è un comportamento sbagliato. Quelli che fanno i bra- vi non si danno arie. Anzi portano il loro buon esempio.

Chiara Bassan

I bambini in classe si comportano male perché la le- zione è un po’ noiosa. Per alcuni miei compagni è noioso l’italiano e per me l’analisi grammaticale. Per me dipende soprattutto se piace o non piace la materia.

Andrea Benetti

Perché i bambini si comportano male? Ecco la mia ri- sposta. Forse hanno imparato da qualcuno quando erano piccoli e pensavano che quello fosse il comportamento giusto. Si mettono in testa che quel comportamento è giusto e non si cambia. Per educare i bambini bisogna far vedere loro che si è calmi e non ci si deve arrabbiare. Cari genitori, non arrabbiatevi davanti a vostro figlio, contate fino a sette, anzi meglio fino a ventidue.

Deborah Binotto

Spesso i bambini si comportano male perché sono stati provocati: vogliono fra vedere che sono forti e intelligenti. Altre volte si comportano male senza ragionare. Si credono di essere grandi facendo scherzi, prendono in giro quando sanno che qualcuno ha paura, per renderlo ridicolo davanti a tutti. Qualche volta dicono le bugie per non essere puniti e vedere al loro posto punito qualcun altro.

Lucia Bassan

I bambini si comportano male perché guardano troppi film violenti oppure perché non vanno d’accordo con gli altri.

Edoardo Ostuzzi

Scuola elementare di Vivaro

Classe quinta, assemblea su: “Il rispetto delle regole”

Il giorno 29 marzo 2001, dalle ore 11 alle ore 12.30, si è svolta un’assemblea con gli studenti della classe quinta, con la presenza degli insegnanti Concetta e Francesco.

Sono intervenuti nella discussione 18 studenti.

Carlo: i ragazzi devono rispettare le regole, ma anche gli insegnanti le devono rispettare. Se si utilizza il tempo della ricreazione, per finire la lezione, poi si dovrebbe recuperare. Noi veniamo a scuola anche per stare insieme e per giocare durante la ricreazione. La vita è divisa in tre parti: il periodo della scuola, quello del lavoro e poi quello della pensione. Adesso cerchiamo di vivere bene questo periodo.

Alan: Si finisce la scuola alle ore 16 e non si dovrebbe avere compiti per casa. Mi sono iscritto a questa scuola per- ché mio papà mi ha detto che non c’erano compiti per casa, invece ne ho.

Enrico: abbiamo cambiato tanti insegnanti in storia e geografia. Sarebbe utile avere un solo insegnante, per tutto l’anno.

Davide: C’è stato il cambio di tanti insegnanti. C`è poco tempo per la ricreazione.

Lia: Quando suona la campanella per l’inizio della ricre- azione, si dovrebbe finire la lezione.

Luca: perché Francesco fa sempre le prediche lunghe? Abbiamo cambiato tante maestre e spesso si ripassa tutto quello che è stato fatto. Per questo non andiamo tanto avanti.

Luana: gli insegnanti ci devono avvisare per le verifiche e per le interrogazioni.

Lucia: abbiamo stabilito gli orari per le lezioni e per la ricreazione: bisogna rispettarli.

Paolo: gli insegnanti dovrebbero essere più precisi quan- do assegnano i compiti per casa.

Camilla: ci sono troppi compiti per casa e non abbiamo tanto tempo per giocare.

Francesca: Bisogna rispettare l’orario dell°injzio della ricreazione.

Celeste: se alcuni bambini disturbano, dovrebbero essere castigati solo loro e non tutta la classe.

Michele: a scuola c’è troppo da scrivere e ci sono poi tanti compiti per casa.

Tania: mia cugina a Malo va a scuola al pomeriggio solo una volta alla settimana. Preferirei anch’io così, perché con i rientri, non faccio in tempo a fare il compiti.

Eleonora: quando i maestri parlano con i genitori sono gentili, ma quando parlano con noi, a volte sono meno gentili.

Marina: i genitori protestano se gli insegnanti ci danno pochi compiti. Allora gli insegnanti ce ne danno tanti e i ge- nitori sono contenti. Chi fa attività sportiva non fa in tempo a studiare.

Gabriele: quando uno perde le lezioni perché deve anda- re via, non dovrebbe poi ricopiarle.

Giuseppe: gli insegnanti dovrebbero capire i ragazzi che hanno delle attività sportive al pomeriggio e non fanno in tempo a fare i compiti.

Cari adulti vi scrivo …

Lettere dei bambini agli adulti

I genitori prima di rimproverare qualcuno, prima do- vrebbero accertarsi dello stato d’animo del ragazzo per non ferirlo profondamente.

I genitori accanto al rimprovero che certamente è ne- gativo, dovrebbero aggiungerci delle parole positive. Questo è il ragionamento che dovrebbe fare ciascun ge- nitore.

Eleonora Lionzo

A me piace fare a casa i compiti, ma non i compiti di matematica e grammatica.

Ai maestri quando ti danno tanti compiti, io direi:

  • Maestro, per piacere ci potresti dare meno compiti per- ché noi tutti, se ci sono belle giornate, andiamo fuori a giocare.

Però da un lato io mi pentirei perché lo studio fa anche bene. Mi ricordo che mia mamma mi dice sempre:

  • Stefania studia perché fra un po’ avrai gli esami. Studia!

E allora quando mia mamma mi dice queste cose, io scapperei e andrei in camera a… giocare.

Stefania Marcolin

Cari adulti…

Gli adulti avranno pure molti problemi, però certe volte non capiscono i giovani. Gli adulti non rispettano le idee dei ragazzi solo perché sono adulti e non danno spazio ai ragazzi. È vero, avranno più esperienza di noi, però non potranno mai capire quello che provano i giovani.

Valeria Zenere

Quando io e i miei compagni saremo grandi, faremo diversi lavori

Se qualche compagno avrà un animale che starà male, lo potrà portare nell’ambulatorio dei veterinari della dottoressa Silvia Bocchese e del dottor Matteo Zocca. Là troverete i vari prodotti per gli animali, partendo dagli anti -pulci e zecche, ai profumi e al mangime.

A me e a Matteo piacciono molto gli animali, quindi per vederli quasi ogni giorno, abbiamo deciso di fare questo lavoro, cioè i veterinari.

Se noi da grandi avremo bisogno di andare a prendere i vestiti, potremo andare a prenderli in due negozi di abbiglia- mento eleganti e a buoni prezzi, con abiti sempre alla moda. Questi negozi saranno di Lisa Gagliardi e Alessia Parise. A Lisa e ad Alessia piacerebbe molto avere un negozio proprio, quindi faranno questo lavoro.

Quando dovremmo andare a prendere gli alimenti fre- schi, potremmo andare alla fattoria di Saul Rigon. Lui avrà una fattoria propria, biologica. Saul infatti non userà prodotti chimici per coltivare i suoi prodotti. A Saul piace molto, se

non lo sapete, andare in giro con il trattore, quindi ha deciso che farà questo lavoro.

Se noi avremo bisogno di fare un trasloco, cioè portare i mobili da una casa all’altra, potremo chiamare Andrea Picco- li, ottimo lavoratore in questo campo. Ad Andrea piacerebbe molto guidare i camion, ma ora non ha la possibilità, quindi lo farà da grande.

Per portare la posta ci sarà il postino Andrea Lazzarini. Ad Andrea piacerebbe fare il postino perché si farà mille viaggi in motorino e perché potrà vedere da che posto arri- vano le cartoline e leggere le cose scritte prima di imbucarle.

Se noi da grandi abbiamo bisogno di tagliarci i capelli, potremo andare dalla parrucchiera Katia Gonzo. Penso che Katia sarà un’ottima parrucchiera e che sia molto portata per questo lavoro.

Da grandi potremmo andare a vedere la partita di calcio con il nostro compagno del Vicenza Marco Binotto.

Se invece abbiamo bisogno del medico, potremmo an- dare dalla dottoressa Sarah Costalunga. Sarah una volta mi ha detto che voleva fare l’infermiera o la dottoressa e so che anche adesso lo vuole fare.

Silvia Bocchese

La parola ai genitori

La scuola di Vivaro di Roberto Collina

Quindici anni. Tanti sono gli anni che ho “frequentato” la scuola di Vivaro. Dal 2004 al 2018 compresi. In realtà sono stati i miei quattro figli a frequentarla. Io e mia moglie li abbiamo solo accompagnati in un viaggio meraviglioso.

Quando sono arrivato nel 2004, conoscevo già il passato della scuola dove insegnanti propositivi e genitori collabo- rativi, in perfetta sintonia, avevano dato vita ad un modello scolastico invidiabile. Avevano “inventato” una scuola diver- sa, dinamicamente bella. Avevano anche lottato in diverse occasioni contro la chiusura della struttura.

Al mio arrivo, alcuni di questi insegnanti avevano fatto scelte professionali diverse e non c’erano più. Molti di quei genitori, per ragioni generazionali, avevano lasciato la scuo- la. Si era creata così la necessità di continuare a sostenerla, consolidando il ruolo ricoperto dai genitori.

Ho subito trovato un gruppo di rappresentanti di classe che mi ha benevolmente accolto e coinvolto nelle vicissitu- dini della scuola. Certamente uno dei timori più grandi era la minaccia incombente della sua chiusura, sia per il numero ridotto degli alunni delle classi, sia per il trend demografico negativo (calo delle nascite).

Abbiamo subito costituito una organizzazione di carattere associativo, l’Associazione Famiglie Insieme, con il compito di sostenere la nostra scuola mettendo a fattor comune le competenze di ognuno dei genitori associati.

Abbiamo cercato di coinvolgere in questo processo un

numero di persone sempre più ampio e ci siamo riusciti. Ognuno aveva un compito; c’era chi aveva un ruolo di co- ordinamento e chi invece si dedicava ad un compito più specifico. Era molto bello vivere questo clima di forte colla- borazione e condivisone di valori e obiettivi.

Grazie all’iniziativa di un genitore siamo riusciti a rac- cogliere una somma importante di denaro attraverso una Fondazione bancaria che ci ha permesso di sostenere diversi progetti proposti dagli insegnanti (durante l’orario scolastico) o proposti dai genitori (al di fuori dell’orario scolastico).

Tra i primi ricordo il Mercatino di Natale che ha caratte- rizzato la scuola lungo tutto il periodo di mia frequentazione. Un progetto che coinvolgeva i bambini, le loro famiglie e gli insegnanti nella produzione di articoli da destinare alla vendita durante una giornata di dicembre. I genitori si ritrovavano alla sera per dare vita a prodotti di alta qualità artigianale. Allo stesso tempo ci si conosceva e si faceva gruppo. Erano occa- sioni per rafforzare il senso di appartenenza ad una comunità scolastica. Il giorno del mercatino era poi molto sentito dai bambini che si occupavano della vendita dietro banchetti ele- gantemente allestiti. Una buona fetta della comunità di Vivaro partecipava all’evento acquistando gli articoli e facendo felici i bambini che vedevano il proprio lavoro ripagato. Le somme raccolte venivano poi destinate a finanziare i progetti della scuola stessa e a sostenere l’educazione scolastica di alcuni bambini nel Burundi.

Un’altra bella iniziativa proposta dagli insegnanti è stata la Festa della Pace. I bambini attraverso una serie di labora- tori e/o piccole rappresentazioni riflettevano su un tema mai tramontato.

Non posso elencare tutte le altre iniziative, ma il progetto

“Musica” sì. I bambini di tutte le classi si avvicinavano a que- sto mondo con l’aiuto di un bravissimo insegnante esterno finanche ad imparare a suonare l’ukulele. C’era anche una seconda finalità: quella di caratterizzare la scuola in maniera differente dalle altre per “attrarre” nuovi iscritti alla futura classe prima e questo corso di alto valore rispondeva bene a questa esigenza.

La necessità di formare sempre la nuova classe prima è stata una costante per tutti i 15 anni. Era indispensabile per tenere lontana l’ipotesi della chiusura della scuola, una “mi- naccia” sempre presente.

I genitori hanno dato un significativo contributo per af- frontare questa situazione. Durante la tradizionale mattinata di “scuola aperta” organizzata dagli insegnanti i genitori coc- colavano le nuove famiglie con dolcetti fatti in casa e dell’ot- tima cioccolata rispondendo alle domande e alle curiosità delle famiglie ospiti. Ma il nostro impegno non si esauriva in quella mattinata. Attraverso una vera e propria attività di “marketing scolastico” ci adoperavamo per promuovere la nostra scuola in ogni luogo e con qualunque mezzo. Devo dire che i risultati si vedevano. Addirittura, in alcune annate non solo riuscivamo a costituire la classe ma si creava anche una lista di attesa!

Abbiamo lavorato molto sullo sviluppo di un concetto di identità, di comunità. Ci incontravamo in un gruppo ristretto e poi in uno più allargato per capire come poter fare sempre di più. Gli incontri producevano sempre una nuova proposta, una nuova idea ed il gruppo cresceva e si consolidava. Per qualche anno abbiamo ordinato delle magliette e dei cappellini con il logo della scuola che regalavamo ad ogni bambino iscritto alla classe prima. Era poi bello vedere durante la “Marcia dei 1500”

(la marcia delle scuole di Dueville) i nostri figli sfilare con la stessa maglietta. Ci si faceva notare.

L’orario scolastico negli anni ha penalizzato le famiglie che non avevano persone di fiducia a cui affidare i propri figli. Infatti la riforma scolastica aveva portato ad una ridu- zione del numero dei pomeriggi di lezione.

La nostra associazione di genitori ha quindi organizzato dei pomeriggi integrativi risolvendo un problema importante per molte famiglie. Negli anni abbiamo dato vita a pomeriggi interamente ludici, a forme di “aiuto allo studio”, a pomeriggi in lingua inglese. I bambini, in quest’ultimo caso, si immer- gevano nella lingua attraverso attività e giochi in classe ed in palestra (metodo didattico CLIL Content and Language integrate Learning). Il tutto ad un costo molto accessibile. La partecipazione era molto ampia. Siamo arrivati a coinvolgere quasi il 90% dei bambini della scuola.

Per diversi anni abbiamo organizzato autonomamente anche il trasporto scolastico per quelle famiglie che ne ave- vano la necessità, laddove il Comune era impossibilitato a garantire tale servizio.

Molto partecipata era anche l’iniziativa del “cinema”. Un sabato pomeriggio all’anno prenotavamo il cinema Busnelli solo per le famiglie della nostra scuola per vedere il film del momento (in genere un cartone animato). Le presenze supe- ravano le 150 persone.

La gita di primavera è una delle altre cose che ricordo con piacere. Era un appuntamento fisso. Noi genitori orga- nizzavamo un viaggio di uno, due o tre giorni dove intere fa- miglie e qualche insegnante passavano del tempo in perfetto relax e armonia. Fra le mete, Loano dove l’ex insegnante di Vivaro, Francesco Marchesin, ci ospitava e coccolava nella

sua struttura “Casa Marina” trattandoci come dei super-o- spiti.

Un altro appuntamento fisso era la “settimana azzurra” di Pinarella. All’inizio in forma di auto-gestione, successiva- mente in una forma più tradizionale, una ventina di famiglie si ritrovavano per una piacevolissima vacanza al mare. Ave- vamo una spiaggia tutta per noi e i bambini (ma anche gli adulti) si divertivano un mondo. Tutto questo sempre grazie all’aiuto del maestro Francesco che ci metteva a disposizione un’intera struttura. Ancora oggi alcuni ex alunni, diventati grandi, mi fermano per strada ricordandomi i bei tempi di Pinarella, i giochi, le passeggiate assieme, gli scherzi in acqua. Bello, veramente bello.

Non vorrei dilungarmi troppo ma come non ricordare la festa di fine anno scolastico. Era un momento topico per le famiglie. Al “Campo dei marinai” di Vivaro organizzavamo giochi per i bambini (epiche le scivolate su un lungo telo coperto di acqua e sapone!), una la cena per 150 persone presenti. Una trentina di genitori erano impegnati nei diversi e necessari compiti perché tutto funzionasse. E tutto funzio- nava a meraviglia.

Mi fermo qui. Non è facile mettere in fila quindici anni di vita scolastica vissuta pienamente assieme ai miei figli, mia moglie e a tante altre persone.

Una cosa però posso dire per concludere. Ci sono dei posti che inevitabilmente ognuno di noi si porta sempre nel cuore, per tutte quelle sensazioni vissute, per quelle esperien- ze indimenticabili, per le persone incontrate.

La scuola di Vivaro è stata, per me, uno di questi luoghi.

Roberto Collina

La mia scuola: famiglia Soli

Nel 2003 io e mia moglie Stefania ci siamo trovati a dover scegliere la scuola primaria per il nostro primo figlio.

Non avendo grandi conoscenze delle scuole di Dueville, abbiamo partecipato alla loro presentazione e siamo stati immediatamente conquistati dall’accoglienza delle maestre di Vivaro, dalla loro professionalità ed umanità, dal loro modo di vedere la scuola e dalla loro progettualità.

Non abbiamo avuto alcuna esitazione nel scegliere questa scuola e da quel momento è iniziato un meraviglioso viaggio durato, con l’arrivo del secondo figlio, dieci anni.

L’entusiasmo con il quale le maestre hanno accolto, fin dal primo giorno di scuola, nostro figlio ha provocato in noi un gran desiderio di contribuire come genitori al bene della scuola.

Un gruppo di genitori che quasi subito si è messo a dispo- sizione delle maestre e dei nostri ragazzi e delle maestre che hanno sempre accettato la nostra presenza, ha fatto si che si creasse un perfetto legame tra genitori, alunni ed insegnanti, ognuno rispettoso del ruolo degli altri.

Nel periodo da noi trascorso alla scuola di Vivaro abbia- mo con energia, entusiasmo e condivisione appoggiato quelle iniziative che il gruppo di maestre progettava e proponeva chiedendo, se necessario, il nostro contributo.

Il Mercatino di Natale che trasformava, un sabato pome- riggio, la scuola in un fantastico incontro di tutta la comunità di Vivaro e non solo, dove i nostri ragazzi, quasi in autono- mia, proponevano agli adulti il frutto del loro lavoro con le maestre e quello dei loro genitori.

La Festa della Pace, momento culminante di un percorso scolastico fatto con le maestre, emozionava noi genitori, i nonni e…anche il nostro Sindaco.

Stimolati dai progetti che la scuola ci proponeva, nella certezza che eravamo ben accetti dal corpo insegnante, il gruppo genitori si è sempre più coeso e ha iniziato a proporre iniziative che coinvolgessero gli alunni, i genitori e le maestre al di fuori del normale orario scolastico.

La settimana azzurra a Pinarella, la gita di alcuni giorni, la passeggiata in montagna nel fine settimana, il sabato po- meriggio al cinema, la carica dei 1500…sono state una parte delle nostre iniziative rivolte a tutti i componenti della scuola che hanno creato una comunità unita e solidale.

Solo per un sorriso finale volevo ricordare quando, ar- mati di pennello e colore, abbiamo passato un fine settimana a colorare tutte le aule della nostra scuola.

Per noi sono stati dieci anni indimenticabili, di amicizia, di passione, di impegno che resteranno sempre nei nostri ri- cordi…. per i nostri ragazzi anni sereni, di grandi esperienze e di grandi insegnamenti.

Nicola e Stefania Soli

La scuola di Vivaro di Anna Maria Coltro

La scuola di Vivaro l’ho incontrata la prima volta il 1° ottobre del 1962. La mia aula era una stanza piccola al primo piano, con le finestre che guardavano la piazza. Il pavimento era fatto di assi di legno, i banchi doppi, di legno, erano uniti alla panca per sedersi, la superficie dei banchi era verde scuro tutta rugosa tanto che era difficile scrivere bene. Una grande stufa in cotto riscaldava l’aula in inverno e di tanto in tanto la bidella Maria veniva ad aggiungere legna al fuoco.

Negli anni successivi siamo scesi a piano terra dove le aule erano più grandi perché avevamo raggiunto il considerevole numero di diciotto alunni, sia perché si erano aggiunti alunni che dovevano ripetere l’anno che per qualche nuovo arrivo.

La merenda veniva fatta rigorosamente in aula facendo attenzione a non sporcare. Due tre volte all’anno si usciva in passeggiata ed era un momento tanto atteso da noi alunni. Nel corso dell’anno con tutte le classi riunite insieme in cor- tile, se il tempo lo permetteva, o nel corridoio a piano terra si ricordavano le varie festività nazionali con canti legati alle varie ricorrenze. Sempre insieme si festeggiava il Natale con recite, poesie e canti e il carnevale con mascherine, scenette divertenti, crostoli e frittelle. Non mancavano mai le letteri- ne da scrivere ai genitori a Natale e Pasqua piene dei nostri buoni propositi e i regalini confezionati con le nostre mani per i genitori. Il 21 marzo sempre insieme si ricordava la festa degli alberi ed ogni anno veniva piantato un albero nel giardino della scuola.

Nei cinque anni trascorsi nella scuola di Vivaro ho incontrato ogni anno sempre maestre diverse. In prima avevamo la maestra Giannina Gobbo che rimase a Vivaro

un solo anno. In seconda e in quarta elementare la nostra insegnante era Margherita Frigo. In terza abbiamo incontra- to la maestra Roberta Mugnone, anche lei rimasta a Vivaro solamente un anno.

Nei primi quattro anni abbiamo conosciuto anche mol- te supplenti. Per questo motivo in quinta la maestra Nora Dentilli ci ha presi in consegna per prepararci con cura alla scuola media. La signora Dentilli ha lasciato in me un ricordo meraviglioso per come sapeva rapportarsi con noi alternando affetto e rigore a seconda dei nostri bisogni. La sua bravura ci ha consentito di arrivare alla scuola media molto ben preparati. Uno dei ricordi più vivi di quell’anno è quando il marito della nostra maestra, il Direttore Salvatore Dentilli, veniva in classe quasi a fine lezione e ci disegnava alla lavagna a nostra richiesta gli animali, lasciandoci sem- pre a bocca aperta per la sua bravura.

Ancora oggi ricordo quanto appreso alle elementari, oltre alle nozioni, al piacere di leggere e di approfondire le varie materie è viva in me l’educazione al rispetto dei compagni, delle persone, in particolare di quelle in difficoltà, dell’am- biente, delle cose altrui e di quelle che sono patrimonio di tutti.

Essendo una piccola scuola si era creato una bella inte- razione anche con le insegnanti delle altre classi. Ricordo in particolare la signora Caterina Bassan, la signorina Rina Vialetto e la signora Irma Fusato che insieme alla maestra Dentilli hanno trascorso la maggior parte della loro vita lavorativa nella scuola di Vivaro, formando tanti di noi e diventando parte integrante della nostra comunità.

Sono tornata poi nella scuola di Vivaro come mamma dal 1984 al 1990 ed ancora dal 1992 al 2001. Nel frattempo la scuola era stata ristrutturata e ampliata con l’aula mensa e la palestra. Anche il corpo docente era completamente cam- biato e il modo di rapportarsi tra maestri, alunni e genitori, pur restando nel rispetto dei diversi ruoli, era caratterizzato dall’amicizia e dalla condivisione di tante esperienze innova- tive, non riscontrabili in altre scuole dei dintorni. La settima- na bianca a Fondo Piccolo, la settimana azzurra a Pinarella durante le vacanze estive, il primo laboratorio di informatica realizzato dal maestro Francesco Marchesin con i computer dismessi da aziende del territorio, le gite di ben due giorni, le uscite alla scoperta di Venezia favorite dal gemellaggio con una scuola elementare di Venezia (Cannaregio) dove era direttrice Suor Gabriella Marchesin, le serate pizza insieme fino ad arrivare al momento, 1986, in cui sembrava che la scuola dovesse chiudere per mancanza di alunni e per volontà dell’amministrazione comunale di allora. E qui ci si è uniti ancora di più per allontanare il più possibile quel momento. Grazie all’inventiva e alla disponibilità dei maestri, in parti- colare Francesco e Marisa Marchesin, Genzianella Valente, Paola Rossi, Emanuela Segalina e di tutti gli altri insegnanti si è introdotto il tempo prolungato che ha portato alunni da tutto il Comune e non solo consentendo alla scuola di resistere fino ad oggi.

Proprio allora era nato il Comitato Coordinamento Ci- vico con l’obiettivo primo di salvare la scuola, unico punto di aggregazione della frazione, allargato poi a far emergere le varie problematiche di Vivaro e presentarle in Comune per tentare di trovare una soluzione. Una prima esperienza di democrazia diretta non legata ai partiti, che aveva creato

in paese nuove relazioni e nuova consapevolezza. Purtroppo devo dire che a distanza di vent’anni tanti dei problemi evi- denziati non sono stati risolti.

Quando il nostro gruppo di genitori è uscito dalla scuola perché i figli erano passati alla scuola media è stato bello vedere che i nuovi genitori subentrati hanno continuato ad amare la nostra scuola, a lottare per la sua sopravvivenza, a proporre nuove iniziative per farla crescere.

Da vent’anni ormai non frequento più la scuola di Viva- ro, ma mi rallegra il cuore vedere che è ancora viva, frequen- tata, apprezzata e amata. Un grazie riconoscente ai maestri che hanno lavorato nella piccola scuola di Vivaro e l’hanno fatta diventare Grande.

Anna Maria Coltro

dicembre 2020

CLASSE 1988

Nel 1994 in 9 sono partiti per frequentare la prima e nel corso degli altri 3 anni si sono aggiunti, chi proveniva da oltreoceano, chi da altre scuole, chi ha cambiato casa, accolti nella classe con un caloroso benvenuto. È stato insegnato loro leggere a scrivere, sommare, sottrarre, moltiplicare e dividere, che cosa sono e a che cosa servono i numeri, cosa sono e servono le regole, come vanno applicate, come è fatto e come funziona il proprio corpo, come il mondo ci ha mes- so milioni di anni per essere come a noi si presenta. Hanno osservato fiori, piante, l’acqua, hanno seminato e visto cre- scere le piantine, non sempre con il risultato sperato, sanno usare l’ago, lo spago, con la carta hanno creato cose che non avrebbero mai pensato si potessero realizzare.

Chi più chi meno sa usare il computer, gli è stato inse- gnato a studiare, dialogare, esprimersi, scrivere un testo cor- rettamente, coniugare e usare i verbi, hanno imparato delle belle poesie. Sanno scrivere pronunciare e tradurre parole in Inglese. Sanno che non c’è solo il proprio paese ma tanti altri con culture, razze, e religioni diverse. Con mille ostacoli e difficoltà hanno imparato (dopo battaglie di calci, parolacce, tirate di vestiti) a rispettarsi, a volersi bene, a stare assieme, aiutarsi quando qualcuno è in difficoltà, ascoltare gli altri e comprendersi.

Per qualcuno, durante il trascorrere degli anni scolasti- ci, sarete stati qualche volta: “uffa, che barba…” “sempre il solito che pretende”, “non è colpa mia, ma ce l’ha con me”, “non si può mai parlare”, “solo perché è il maestro io non posso rispondergli, non posso avercela con lui”.

Voi però li avete sempre compresi, aiutati a riconoscere

i propri errori, aiutati a crescere; avete donato la vostra pa- zienza, la vostra saggezza, il vostro sapere, siete stati dispo- nibili con pomeriggi di gioco e doposcuola, gli avete voluto bene. Si ricorderanno delle giornate passate assieme imparan- do a sciare, a nuotare, a giocare a calcetto o palla guerra. Vi siete resi disponibili per far loro conoscere il proprio paese, città e non solo; li avete portati a conoscere anche altre città d’Italia. Dopo tutto questo cammino quando si incontreran- no e si diranno:

Ti ricordi alle elementari, i maestri sì che erano buoni, quante cose abbiamo fatto, quante ne abbiamo combinato, quanto abbiamo fatto arrabbiare i maestri.

E così rimpiangeranno i loro cari maestri. Parola di ge- nitore.

Grazie a tutti per ciò che avete fatto, sopportato, inse- gnato ai nostri RAGAZZI del 1988.

La mia scuola di Adriana Monticello

I miei ricordi della scuola di Vivaro risalgono a molti anni fa quando iniziai a frequentarla da alunna. La mia aula era situata al piano terra, era molto grande e luminosa, era riscaldata da una stufa a legna e i banchi erano disposti a semicerchio, alcune piante di limoni rallegravano l’ambiente.

La nostra bidella si chiamava Maria Lovato, mamma di Pierina nostra compagna di classe, lei entrava in classe quan- do c’era bisogno di aggiungere legna alla stufa o per riempire d’inchiostro i calamai.

La mia maestra si chiamava Norina Dentilli, di lei ho un ricordo particolarmente affettuoso, era bravissima, non alzava mai la voce, con il suo modo gentile e garbato trasmetteva il suo sapere, ci faceva vivere serenamente la quotidianità di scolari ma sapeva essere anche ferma e decisa al momento opportuno.

Le altre insegnanti erano: la sig.ra Caterina Bassan che arrivava a scuola in bicicletta, la sig.ra Margherita Frigo, la sig,ra Irma Fusato e la sig.na Vialetto che arrivava da Vicen- za a Trescalini in corriera e poi fino a scuola a piedi, C’era una sana competizione tra chi di noi le andasse incontro per portare la sua valigetta.

Dal1993 al 2001 sono ritornata nella scuola di Vivaro come mamma di Andrea e Francesca. La scuola intanto, aveva subito cambiamenti e ristrutturazioni, ma entrando ho avuto da subito la percezione che l’atmosfera di serenità respirata ai miei tempi fosse rimasta la stessa.

I maestri ovviamente erano altri ma tutti ben affiatati tra loro e soprattutto con lo stesso fine: far amare la scuola ai bambini ed educarli nel rispetto reciproco dei ruoli e verso la società.

La mente pensante in primis è stato Francesco Marchesin validamente coadiuvato e supportato da Marisa, Genzianella Valente, Paola Rossi e Manuela Segalina, bastava un “La” di Francesco e i progetti di Francesco prendevano forma in quattro e quattr’otto.

Come scordare le settimane bianche in Folgaria, il pri- mo corso di informatica realizzato da Francesco utilizzando computer dismessi, le gite a Venezia e tanto altro.

Purtroppo ci sono stati anche momenti di scontri con parte dell’Amministrazione Comunale, contraria al progetto del tempo prolungato promosso dal team degli insegnanti dal team di insegnanti della scuola di Vivaro, fortunatamente la cosa è stata superata anche perché tutti i genitori hanno creduto in questo progetto che si è rivelato estremamente positivo, tanto che alla fine è stato adottato anche dagli altri plessi del comune di Dueville.

Ancor oggi, a distanza di tanti anni, mi rende felice sa- pere che la scuola di Vivaro continua ad essere scelta ed apprezzata, ne vale la pena.

Grazie, grazie, grazie Maestri! Siete stati meravigliosi.

Adriana Monticello

La mia scuola di Silvia Poscolere

Ho avuto l’occasione di conoscere la scuola di Vivaro nel 2009 quando mia figlia Chiara frequentava il terzo anno della scuola dell’infanzia.

Non essendo originaria di Dueville non conoscevo nessuna delle scuole del comune e così, quando è venuto il momento di iscrivere Chiara alla scuola primaria ho partecipato alle varie giornate di ‘scuola aperta’ di cui avevo ricevuto l’invito.

La scuola di Vivaro mi è piaciuta sin da subito: era pic- cola, colorata, proprio coccola e mi piaceva immaginare mia figlia muoversi tra quelle aule.

Dopo averne parlato con mio marito e con Chiara abbia- mo scelto di iscriverla.

Qualche mese dopo abbiamo ricevuto l’invito a partecipare alla “Festa della Pace”: ecco, quel giorno, ho avuto la conferma che avevamo scelto la scuola giusta per nostra figlia e per noi.

Mi è piaciuto vedere quella armoniosa collaborazione tra le insegnanti della scuola e i genitori. In quella occasione ho notato anche un gruppetto di genitori particolarmente attivi e coinvolti. Un pensiero mi è sorto subito spontaneo: anch’io ho voglia di fare parte di quel gruppetto.

Ho così deciso di mettermi in gioco e di mettere a di- sposizione delle insegnanti e del gruppo genitori la mia col- laborazione e le mie attitudini: in questo modo ho potuto collaborare nella realizzazione di vari progetti di cui ne han- no beneficiato tutti i bambini che frequentavano la scuola. Qualche anno dopo è venuto il momento di iscrivere alla scuola primaria il nostro secondogenito Marco e in quel caso la scelta di iscriverlo a Vivaro è stata automatica.

Ecco che sono trascorsi altri 5 anni tra le tante iniziative e proposte della scuola….ricordo con un sorriso un genitore

che durante una giornata di “scuola aperta” mi ha avvicinato e chiesto: ma in questa scuola si trova il tempo per svolgere anche la didattica ? Imparano le materie base?

Ebbene si, i miei figli sono usciti preparati a livello di- dattico, ma soprattutto hanno terminato la classe 5 con un bagaglio di esperienze che sicuramente li ha preparati ad affrontare la vita con una marcia in più.

Silvia Poscolere

Sono Simone il marito di Silvia e il papà di Chiara e Marco.

Io ho sempre abitato nella frazione di Vivaro e quindi, ho frequentato la scuola G. Pascoli…

Ho dei bellissimi ricordi legati a quel periodo: dei com- pagni che erano praticamente anche vicini di casa, con i quali condividere sia l’impegno scolastico sia i giochi nel cortile a ri- creazione o prima di cominciare la scuola al mattino… il gioco per eccellenza che ancora oggi ricordo e mi strappa un sorriso è: UOMO NERO… proprio un bel assembramento di ragazzi.

Ho avuto una maestra amorevole, Wilma Ceccon, che di pazienza ne ha avuta tanta e in più ci ha regalato delle belle attività tra le quali il gemellaggio con una classe di nostri coe- tanei di Vicenza. In più spesso ci portava fuori ad osservare la natura… la nota dolente era che poi ci aspettava un bel tema da svolgere.

Negli anni lo stabile “scuola” ha subito delle modifiche, dall’organizzazione degli interni alla palestra che ai miei tempi non c’era, migliorie che si sono rivelate opportune per poter svolgere delle nuove attività.

Sono felice di aver frequentato questa scuola due volte: da allievo e da genitore.

Simone Battilana

Testimonianze e ricordi vari

GENZIANELLA ricordi come alunna

Lunedì 2 ottobre 1961, è stato il mio primo giorno nella scuola di Vivaro.

Avevo 7 anni ed entravo in classe seconda perché la prima l’avevo frequentata in un’altra scuola.

Non ricordo bene con quali sentimenti ho vissuto quel giorno importante, ma sono sicura di essere stata tranquilla perché conoscevo già alcuni compagni: Milady, Andrea, Na- zarena, Antonio…..e poi c’era lei, la mia cara insegnante la signora Caterina Bassan, che mamma già di quattro figli , allo- ra, amava i bambini ed il suo lavoro. Difronte alla scuola, poi, abitava la nonna Adelaide e questo mi dava sicurezza, se ci fosse stato qualche problema, lei mi avrebbe certamente aiutata. Ri- cordo che avevo una cartella rossa con gli spallacci, era come uno zaino e forse ero l’unica bambina con una simile cartella.

Ho trascorso la scuola elementare in serenità, in amicizia, vivendo esperienze semplici ma formative. Mi piaceva andare a scuola perché si stava bene con gli amici e studiare non mi pesava, anzi nel pomeriggio giocavo spesso” alla scuola” con le amichette e la mamma mi aveva regalato una lavagnetta con i gessi colorati. Io facevo sempre la maestra e probabilmente già da allora avevo capito quale lavoro avrei fatto da grande.

Ricordo che nelle belle giornate di primavera, tutti i bambi- ni andavano a scuola in bicicletta, allora non c’erano automobi- li nelle strade e noi eravamo sicuri. Spesso con i miei compagni andavamo a prendere la maestra Caterina a casa sua e poi la scortavamo fino a scuola, come delle guardie del corpo, mentre la maestra Dentilli assieme alla maestra Vialetto si facevano a

piedi la strada da Trescalini fino alla piazza di Vivaro, dato che venivano a scuola con la corriera.

Ricordo le buone merende: frutta saporita o pane fresco con salame o formaggio… gli aromi, soprattutto quello del salame con l’aglio si spandevano nella classe appena entrati e avevi già fame.

Ricordo le penne con il calamaio e l’inchiostro.   quanti

pennini spuntati e quante carte assorbenti, per non parlare delle macchie fatte nel quaderno e… delle pagine strappate perché ritenute poco ordinate.

Ricordo le feste natalizie: i canti, le poesie, le recite della natività… facevamo a gara per avere la parte più lunga o il ruolo da protagonista, quante volte ho fatto la voce narrante nella notte santa, nascosta dietro alla lavagna.

Ricordo le passeggiate sull’argine del Bacchiglione e i papa- veri che crescevano in mezzo alle spighe di frumento dei campi posti ai lati dello stradone .

Intorno a me c’era tanta allegria, ero una bambina spen- sierata, piena di vita , ma anche gli altri bambini erano così e la nostra gioia continuava anche nel pomeriggio perché, dopo aver fatto i compiti e si facevano rigorosamente subito dopo il pranzo, ci si ritrovava per giochi e corse nei cortili di casa o nei campi dei vicini.

Genzianella Insegnante

Ho trascorso circa trent’anni della mia vita lavorativa nella scuola di Vivaro, l’avevo scelta certamente perché vici- na a casa, ma soprattutto perché pensavo che in una scuola piccola potevano nascere rapporti più profondi e importanti con i bambini, con i genitori e con i colleghi.

Inoltre mi piaceva il fatto che da sempre gli insegnanti

di questa scuola mettessero al primo posto gli alunni ed avessero uno sguardo attento anche alle nuove metodologie italiane e straniere. Infatti già negli anni settanta, aiutando alcuni bambini nei compiti pomeridiani, ero affascinata dalla maestra Wilma Ceccon che utilizzava con competen- za il metodo di Papy, dai più sconosciuto, e altre modalità innovative per l’apprendimento delle varie materie.

In particolare vorrei soffermarmi a ricordare gli anni 90 che sono stati determinanti nella mia formazione educativa e didattica. Certamente erano anni di grande fermento, di voglia di sperimentazione, di rinnovare le strategie didattiche, noi insegnanti eravamo guidati dalla passione per il nostro lavoro.

Mi sono ritrovata a lavorare con una squadra di vivaci ed entusiasti colleghi con cui si discuteva anche animatamente, ci si confrontava e ci si aiutava, animati sempre dal desiderio di costruire qualcosa di bello e buono per i bambini.

Su un’idea, poi, eravamo in perfetto accordo: i bambini dovevano essere felici di venire a scuola, dovevano avere amore per i compagni e per la cultura.

E poi c’erano i genitori, altri protagonisti del progetto educativo, che dovevano essere aiutati a camminare a fianco dei propri figli perché anche per loro la scuola poteva essere occasione di crescita.

Ricordo le varie esperienze della settimana bianca, le feste di fine anno che coinvolgevano anche gli abitanti della piazza di Vivaro, le divertenti cacce al tesoro, le passeggiate con il guado del Bacchiglione, le rappresentazioni natalizie in cui i bambini erano attori e spesso autori dei testi, le lezioni di pasticceria e le gite a Venezia per conoscere gli alunni che seguivano il percorso educativo-didattico di Montessori… sono stati anni in cui sono nate vere e solide amicizie che durano tuttora.

La mia scuola di Paola Rossi

Io sono arrivata ad insegnare nella scuola elementare di Vivaro nell’anno scolastico 1990/1991 e ci sono rimasta felicemente fino al 1999.

E lì ho trovato il mio nido, dove mi sono sentita accolta dai colleghi, dalle bambine e dai bambini che frequentavano ma anche dai loro genitori.

È stata la scuola dove potevo sedermi sulle seggioline dei bambini e mostrare loro i miei libri di arte, insegnando loro come si “legge” un quadro, o come si parla, si canta e si pensa in inglese, o anche come si sale e si scende da un albero (attività che non ha trovato tutti d’accordo).

Lavorare a mente aperta con colleghi, alunni e genitori mi ha spronato a seguire e sviluppare le mie doti, così ho potuto seguire la mia carriera di musicista e spiccare il volo verso altri orizzonti.

Naturalmente l’unica che si è “persa” sulla pista da fon- do di Folgaria sono stata io…ma, con l’aiuto morale di un paio di bambini e il provvidenziale arrivo di una simpatica motoslitta, sono gloriosamente arrivata in hotel sana e salva.

Ho fatto scuola come la mia maestra ha fatto con me, parlando, ascoltando, ridendo e partecipando emotivamente ogni giorno alla crescita di ogni bambino. non so se sono riu- scita nel mio intento, ma i visetti dei bambini e le parole dei miei colleghi mi hanno accompagnato anche nella carriera successiva da musicista, in giro per il mondo.

Un giorno, in treno, ho trovato la “bambina” Laura Bas- san che stava mettendo a punto la sua tesi di laurea in archi- tettura… che gioia vedere cresciuti i miei ragazzi! Laura mi ha detto “grazie, maestra, per avermi abituato a essere curiosa e

voler conoscere e informarmi, grazie per avermi insegnato a pensare in inglese fin da piccola, mi è servito tanto”.

La scuola di Vivaro è stata la fucina della comunità viva e pensante dei residenti in un vero e proprio ecosistema, ma anche di altre famiglie che hanno creduto in quei valori.

Sono fiera e orgogliosa di averne fatto parte e di essere partita da lì per realizzare la mia “vita successiva”.

Paola Rossi

Ragazzi pronti ad entrare in classe per cominciare le lezioni

La mia scuola di Marta Faccin

Ho avuto l’opportunità di far parte della comunità scola- stica di Vivaro in qualità di insegnante ed è stata la mia prima esperienza lavorativa nella scuola.

Ho trovato da subito accoglienza, semplicità e serietà nelle persone che ho incontrato. Soprattutto ho respirato un’aria di familiarità che mi predisponeva a dare il meglio per trasmettere ai bambini il piacere di imparare e di diven- tare grandi.

È tuttora una scuola nella quale la stretta collaborazione tra gli insegnanti e i genitori permette di far fare delle stu- pende esperienze ai bambini che la frequentano, perché loro sono al centro del nostro agire di educatori.

Le passeggiate alla scoperta del territorio, i concerti di Natale, le feste, le gite, la settimana bianca, progetti di ogni tipo…, sono solo alcune delle esperienze che hanno arricchi- to in modo significativo l’offerta formativa rivolta ai bam- bini.

L’aver mantenuto dopo tanti anni degli ottimi rapporti con colleghi e genitori che a loro volta ci aggiornano sull’e- voluzione della vita dei loro figli, nostri alunni, conferma che la scuola di Vivaro è più di una semplice scuola di pas- saggio. Significa che qualcosa di profondo e di umano viene trasmesso a chi ha la fortuna di esserci passato; questo è ciò che è successo a me.

Auguro lunga vita a questa scuola perché se lo merita!

Marta Faccin

La mia scuola di Marisa Busarello

Quando nell’ottobre del 1987 sono entrata per la prima volta nella scuola di Vivaro come insegnante della prima classe, l’edificio all’esterno si presentava come l’attuale, ma all’interno era completamente diverso.

Saliti i quattro gradini si entrava dal portone centrale nel lungo e spazioso corridoio del piano terra uno spazio prezioso per le ricreazioni dei bambini. Sul corridoio si af- facciavano solo due aule. Quella di destra veniva usata come palestra per le attività motorie e all’esterno, di fronte ad una delle finestre, c’era un cespuglio di calicantus che nel periodo della fioritura, profumava tutta la scuola.

L’altra stanza era l’aula della signora Wilma Ceccon, una maestra che insegnava a Vivaro da molti anni. In quel periodo la signora Ceccon veniva a scuola con una macchi- na sportiva che era una meraviglia: una spider 124, di color verde. Attraverso le scale posizionate al centro dell’edificio si raggiungeva il primo piano. Qui si trovavano sulla destra due aule di media ampiezza e un’altra stanza più piccola con la porta a vetri. In fondo al corridoio dalla parte opposta c’era un’altra aula che è stata la mia aula per il primo ciclo di bambini accompagnati dalla prima alla quinta. Le pareti dell’edificio erano bianche in alto e beige nella parte bassa, con la pittura lavabile. I colori si ripetevano in tutti gli am- bienti così tutto mostrava l’usura del tempo ma al contempo creavano un’atmosfera ordinata e rilassante.

Ricordo che, l’ultimo anno prima della ristrutturazione del 1988, nella mia classe non si riusciva più ad aprire completa- mente il balcone di una delle finestre, che rimaneva inclinato e inamovibile. Una coppia di piccioni, approfittando dell’inso-

lito riparo venutosi a creare tra il balcone mal chiuso e il vetro della finestra, lo scelse come dimora costruendovi il nido.

Iniziò così un’incredibile esperienza per quei bambini: osservare da vicino tutta la cova, la nascita di un pulcino, l’andirivieni dei genitori per imbeccarlo. Il pulcino cresceva, mise le piume e le penne e un bel giorno volò via. Per tanti giorni quei bambini cercarono e credettero di riconoscere la famigliola dei piccioni tra i numerosi colombi che volavano intorno al campanile e vicino alle nostre finestre.

Intorno alla scuola c’era un piccolo cortile con una fila di tigli sul lato del Bacchiglione, una striscia d’erba sul retro, piccola, ma sufficiente per riempire di terra le scarpe ad ogni ricreazione.

Negli anni successivi la scuola è stata poi ristrutturata e ampliata. Ci siamo trasferiti per un anno in via dei Bersaglieri a Dueville e siamo stati felice quando abbiamo potuto rientrare nella scuola ristrutturata. Era davvero bella. La suddivisione degli spazi interni ha avuto numerose modifiche dettate da nuove esigenze. Le aule ora hanno colori vivaci, arredamenti funzionali, attrezzature moderne e c’è anche la palestra.

Ancor oggi, quando accompagno i miei nipoti a scuola, questo edificio risveglia in me forti emozion. Mi ricorda tutti i bambini e i genitori incontrati, con i quali ho intrecciato importanti legami, perché la scuola era un punto di riferi- mento e di aggregazione. Mi ricorda quanto impegno, ma anche quanto entusiasmo ho condiviso con i colleghi per una ventina d’anni, nella ricerca di rendere la scuola propositiva e attenta alle esigenze della comunità.

Mi ricorda un’esperienza di vita unica, irripetibile e in- dimenticabile.

La mia scuola di Francesco Marchesin

Premessa

Noi di settant’anni abbiamo vissuto un periodo di gran- di trasformazioni. Trasformazioni e cambiamenti nella vita quotidiana, nel cibo, nella casa, negli spostamenti, nelle co- municazioni, nelle relazioni. Siamo stati coinvolti e abbiamo partecipato a tutti questi mutamenti. Abbiamo anche vissuto settant’anni di pace.

Quello che abbiamo visto e vissuto, è nella nostra me- moria. E’ un patrimonio da conservare e da tramandare. Abbiamo visto e vissuto attraverso questi settant’anni una delle trasformazioni più impensate e inaspettate: dalla civil- tà contadina e industriale alla società tecnologica, digitale e connessa di oggi.

La scuola da bambino

Abitando in via Casoni, dovevamo andare a scuola a Dueville in via IV novembre. Nei primi anni, con mia sorella andavamo a piedi a Scuola. In terza è arrivata una biciclet- ta, così salivamo in due: uno pedalava all’andata e uno al ritorno. La mia maestra, per tutti i cinque anni, si chiamava Elisa Turra. Abitava nella barchessa, vicino alla chiesa. Era la moglie del segretario comunale. La ricordo gentile, non alzava la voce, ma si faceva ascoltare.

Ricordo i maestri: Francesco Martini, Caterina Tuzzo, Clelia Moretti, Albiero, De Rosso, le sorelle Fusato, Arnaldi, Radovich, ecc.

I giochi

Per fortuna non avevamo tanti compiti da fare a casa. Al pomeriggio eravamo liberi di giocare insieme ai coetanei

che abitavano vicino. I bambini non erano impegnati in tante attività come i bambini di oggi e avevano tanto tempo libero, senza la presenza costante di un adulto. Si stava insieme, si organizzavano i giochi, ma senza giocattoli, con i materiali che si trovavano.

Si giocava con i cuerceti, scalone, pai alta, aqua e fògo, bussolotti e con la fionda. Una delle attività dei ragazzi che abitavano in campagna, era infatti costruire la fionda. Tutti l’avevano e si faceva a gara a chi la costruiva più bella. Si cercava fra i cespugli del sanguinello i rami adatti per fare la forcela o maneta. Si dava la forma voluta, legando i tre rametti e si mettevano nel forno per farli seccare.

Dalla camera d’aria usata delle biciclette si recuperavano gli elastici. Qualche volta si comperavano gli elastici di cauc- ciù molto più resistenti. La coramela era di cuoio. Si tagliava la lenguela delle scarpe vecchie che non si mettevano più. Qualche volta, quando non c’erano scarpe vecchie, rischian- do, si tagliava la lingua anche da quelle scarpe che si usavano, provocando l’ira del proprietario.

Le bambine invece giocavano a Bala a muro, si giocava cantando (e facendo quello che si cantava): muovermi, sen- za muovermi, senza ridere, con un piede, con una mano, dà battere, zigo zago, violino, bacino, tocco terra. Gli altri giochi erano: scalone, briscolo, marinaio, ecc.

La mia scuola da maestro

Da insegnante invece ho insegnato a Dueville, Mon- tecchio Precalcino, poi per dieci anni a Povolaro, poi sono arrivato a Vivaro. Avevo un po’ di esperienza, frutto di tanti errori fatti nelle altre classi e qualche proposta positiva da continuare. A Vivaro ho incontrato una classe terza speciale. Questo incontro fortunato ha modificato il mio modo di fare scuola, abituato a Povolaro, dove le classi erano numerose. I bambini avevano fatto le prime due classi con l’insegnante Ceccon.

In questa classe e nelle altre classi dove sono entrato negli anni successivi, cercavo di capire il punto di vista dei bam- bini. Le loro preferenze, le loro esigenze avevano lo stesso valore delle mie e di quelle degli adulti. Ascoltavo i bambini e loro mi ascoltavano. Se mi chiedevano qualcosa, se si poteva, cercavo di attuarla.

Maestro perché non ci porti in gita? Maestro perché non ci porti in montagna? Perché non ci porti al mare?

Il mio compito era quello di aiutare a scegliere quali delle loro proposte si potevano realizzare e quali non si po- tevano attuare. Si discuteva sempre in un clima di fiducia e rispetto. I bambini erano consapevoli che la loro parola era tenuta in considerazione come quella mia. Le loro proposte avevano lo stesso valore delle mie. Avevo solo più anni e più esperienza di loro, ma spesso mi stupivano per le loro soluzioni nuove e originali.

Da maestro unico ritenevo importante l’abilità nella let- tura, la capacità di comprendere il testo scritto e le comuni- cazioni verbali. Appassionato di storia, prima di conoscere luoghi e civiltà lontane, preferivo ricostruire la storia della

propria famiglia, del proprio cognome, del proprio paese, dell’ambiente in cui si vive. Insieme con un gruppo di ricer- catori, abbiamo pubblicato Il libro della Storia di Dueville e cercavo di trasmettere le conoscenze che acquisivo dai vari archivi storici. Ritenevo importante far acquisire il concetto che la storia della cultura quotidiana ha pari dignità con la grande Storia fatta di personaggi, di guerre e di battaglie.

Ho collaborato anche con il gruppo di ricerca della ci- viltà contadina della Val Leogra. Nel vocabolario tecnico del dialetto vicentino: La Sapienza dei nostri padri, sono state recuperate quasi tutte le parole che stanno scomparendo. Se non conosciamo il nostro passato non comprendiamo il presente e non immaginiamo il futuro.

A quel tempo, il futuro era il computer. Appena sono comparsi i primi computer e il collegamento con la rete internet, ho capito che quell’innovazione aveva enormi po- tenzialità e avrebbe portato grandi cambiamenti. Abbiamo allestito il laboratorio di informatica, prima ai centri estivi a Dueville, con il professor Tasca e poi nella scuola di Vivaro. Avevamo all’inizio i Commodore64. Si utilizzava il linguag- gio logo per far fare alla tartaruga le forme geometriche. Poi, con l’aiuto dei genitori, sono stati recuperati dei computer e stampanti, dismessi dal Comune di Vicenza e dalla ditta Biasia di Povolaro. Il primo collegamento internet invece è stato fatto con la ditta Keycomm. Dagli amici giornalisti che lavoravano nelle redazioni di quotidiani nazionali, ho recu- perato i primi programmi di videoscrittura.

C’erano anche dei giochi: Pac-Men, impiccato, Prince, ecc, erano in bianco e nero, ma era una novità e i bambini ne erano attratti. Avevano una capacità di utilizzare il computer superiore a quella degli adulti che si mostravano impacciati

davanti a questi nuovi strumenti. I bambini li usavano con intuizione e senza tante istruzioni. Abbiamo fatto anche il tema degli esami di quinta elementare scrivendo non con la penna, ma con il computer.

Tutte le iniziative si sono potute realizzare con la col- laborazione e la condivisione degli altri insegnanti e con il sostegno e l’appoggio dei genitori. Devo dire grazie alle in- segnanti che mi hanno prima di tutto sopportato, accettato e sostenuto. Devo dire grazie ai genitori che ci hanno sempre aiutato a realizzare le iniziative.

Un ricordo che mi porto dentro sono tutti i bambini che quasi sempre venivano a scuola con il sorriso. Tante erano le occasioni per stare insieme, per fare comunità. Ricordo le feste di inizio anno e di fine anno.

Per quasi dieci anni abbiamo organizzato la settimana bianca a Fondo Piccolo di Folgaria. L’albergo era proprio sulle piste. Alla mattina c’erano i maestri di sci che ci aspet- tavano per la lezione di sci. Al pomeriggio tardi, al rientro dalle piste, facevamo insieme i compiti. Si riordivano i ricordi della giornata e si studiava l’ambiente della montagna. Ave- vamo fatto un gemellaggio con le scuole di Folgaria. Siamo andati ad incontrare i bambini ed insegnanti e a visitate la loro scuola nuova. Rimanevamo stupiti perché all’interno avevano la palestra ed una piscina coperta.

D’estate invece abbiamo organizzato la settimana azzurra a Pinarella di Cervia. Abbiamo affittato una colonia e face- vamo autogestione. Le mamme e i papà si occupavano della cucina, della pulizia e i bambini andavo in spiaggia. Ricordo le lunghe passeggiate alla sera, nella pineta. Andavamo a Cervia, o a Cesenatico a mangiare il gelato. Abbiamo anche dormito in spiaggia per vedere il sole che nasce al mattino.

Si organizzavano anche delle gite di due giorni, al di fuori dell’orario scolastico. Siamo andati a Genova a visitare l’Acquario e la città dei bambini; a Riccione a visitare Mini- talia, a San Marino, a Ravenna. Quasi ogni anno andavamo a Venezia. A palazzo Ducale c’erano diversi percorsi riservati ai bambini. A Vicenza abbiamo visitato il teatro Olimpico, la Basilica, il Museo Civico e quello di Santa Corona, sempre con percorsi adatti ai bambini. Abbiamo visitato anche Ve- rona, Bassano, Marostica, Lugo, Bolca.

Oltre alle gite, organizzavamo escursioni lungo l’argine del Bacchiglione e nella zona delle risorgive. Abbiamo inizia- to anche i corsi nuoto durante l’orario scolastico. Andavamo in piscina a Vicenza e così tutti i bambini hanno imparato non aver paura dell’acqua e a nuotare.

Uscivamo spesso. Quando il tempo lo permetteva, si usciva all’aperto e si studiava l’ambiente naturale. Dall’argine si imparavano i nomi dei monti che si vedevano: il Carega, le piccole Dolomiti, il Pasubio, ecc. Si osservano le erbe ed i fiori dei prati e si imparavano i nomi degli alberi.

Ho condiviso con i bambini, i genitori, gli insegnanti della scuola di Vivaro, un periodo felice, creativo, appassio- nante.

Ricordi della bidella Maria Lovato

Sono stata bidella della scuola elementare di Vivaro dal1960 al 1986. In questi 26 anni non si sono avvicendate molte insegnanti perciò ricordo bene la signora Fusato che arrivava da Dueville in bicicletta. Oltre che una brava mae- stra era un’ottima organizzatrice di eventi ed ha insegnato a tutta la scuola canti popolari e patriottici. Raggiunto il limite di età è andata in pensione anche se avrebbe insegnato ancora volentieri.

La signora Dentilli arrivava a piedi da Trescalini per- ché prendeva la corriera da Vicenza fino a Vivaro. Era una maestra molto materna e ha saputo insegnare anche a tanti ragazzi che avevano difficoltà di apprendimento.

La signorina Vialetto arrivava anche lei con la corriera assieme alla collega, la signora Dentilli e prima di entrare a scuola passavano in chiesa per una preghiera. Molti ricorda- no la signorina Vialetto per la sua severità, ma era davvero un’ottima insegnante e tutti i suoi alunni erano ben preparati per affrontare la scuola media.

La signora Caterina Bassan è stata come una mamma dolce e premurosa. Arrivava in bicicletta sempre poco prima dell’inizio delle lezioni perché aveva una famiglia numerosa da accudire.

Poi è arrivata la signora Perotto anch’essa piuttosto se- vera , ma comunque una brava insegnante. Lei guidava l’au- to, aveva una 500 e dato che veniva da Vicenza dava un passaggio alla maestra Dentilli e alla maestra Vialetto. Poi, è arrivata la signora Ceccon più giovane e con un insegna- mento moderno, faceva matematica con le tavole di Papier e i bambini si divertivano molto. Lei comunque si è sempre

trovata bene con le sue colleghe anche se avevano un’età ben più matura.

Ricordo anche la signora Citton come una maestra brava e diligente.

Negli anni in cui ho lavorato c’era una sola maestra per classe, iniziava dalla prima e insegnava fino alla quinta classe. C’era la maestra unica e insegnava tutte le materie. Gli scolari scrivevano nel quaderno con il pennino e l’inchiostro che io mettevo nei calamai dei banchi di legno. Per riscaldare l’aula si usava la stufa che io accendevo prima dell’arrivo degli sco- lari, bruciava carbone e legna che erano forniti dal comune.

Sono stati anni molto belli anche per me perché le maestre avevano una grande amicizia e collaborazione fra loro, anche nei miei confronti hanno avuto sempre stima e rispetto.

Lo stesso posso dire dei tanti ragazzi che hanno frequen- tato la scuola.

Quando sono andata in pensione con la signora Bassan e la signora Dentilli, per limiti di età, mi è stata fatta una bella festa.

Poi, negli anni successivi sono arrivati tanti altri maestri che hanno sempre dato alla scuola di Vivaro fama e prestigio.

La mia scuola di Pamela Grigiante

Ripenso alla scuola di Vivaro ora che sono madre di una bambina che frequenta la classe seconda della scuola primaria.

La scuola si chiamava scuola elementare, non primaria. Elementari, fragili e incerti erano i passi che, come esseri umani, si muovevano in quel primo contesto fuori dalla famiglia.

Sono stata una bambina fortunata perché la scuola di Vivaro è stata una seconda famiglia. E non lo scrivo perché eravamo pochi bambini, magari coccolati, ma i Maestri ci hanno dato delle opportunità per trovare noi stessi nel gruppo.

Abbiamo sperimentato settimane bianche e vacanze estive insieme, avevamo il mitico Commodore 64 in clas- se, prima di scuole apparentemente più all’avanguardia, chiamavamo, con le nostre vocine, gli uffici turistici delle regioni italiane per richiedere materiale cartaceo che ci per- mettesse di conoscere ed esplorare la nostra Italia.

La scuola di Vivaro era una scuola dell’agire, “del fare”, come va molto di moda dire in questo momento, ma noi facevamo per davvero, agivamo concretamente, non solo a parole.

Nel mio percorso in età adulta, ho studiato arte e ricordo

che il mio Maestro Francesco, notando la mia predisposizio- ne verso la pittura, ha invitato i miei genitori ad acquistare le matite acquerellabili della Derwent.

Ricordo, come fosse ieri, la meravigliosa scatola in me- tallo, le matite appuntite in scala cromatica, il contatto tra la grafite e l’acqua che apriva all’imprevisto cromatico, a forme sconosciute, irregolari.

Perché racconto questo episodio apparentemente così intimo e banale?

Perché i Maestri a Vivaro coltivavano talenti. I Maestri a Vivaro seminavano il futuro, agivano con amore, pazien- za, dedizione, sapendo che quegli sguardi sarebbero stati gli occhi dell’avvenire.

Grazie alla scuola di Vivaro e al Maestro Francesco, che nella mia vita hanno fatto la differenza.

Ho quasi quarant’anni, sto crescendo come artista, come non avrei mai neppure sperato e in cuor mio, so che quella scatola di Derwent ha fatto, per me, la differenza.

Pamela Grigiante

La mia scuola di Luca Carollo

Il primo ricordo che mi viene in mente sono i computer al piano superiore, quegli Olivetti M24 ci intrattenevano con partite a cats o prince of persia in cui ci si sfidava a chi faceva il punteggio più alto, i floppy disk che ricordi; e poi c’era la postazione del maestro Francesco con il super computer a colori che tutti noi guardavamo con ammirazioni e solo pochi potevano utilizzare in quanto ‘macchina complessa’: il Windows 95.

A ricreazione dopo aver mangiato in mensa ci ritrova- vamo a giocare a palla avvelenata nel campo da basket o ad arrampicarsi nel monumento ai caduti senza farsi vedere dai maestri, sempre di ronda; nel caso qualcuno si fosse avvici- nato si scappava tutti dentro al cespuglio proprio affianco al monumento, ricordo che sembrava molto folto dall’esterno ma una volta accucciati ed entrati si apriva questa specie di caverna dove al centro si rizzava l’asta metallica della ban- diera, quello era il nostro fortino/nascondiglio.

Nella recita di Natale, non ricordo che anno fosse, ma si era imbastito un presepe di ombre, io facevo il bue, provai giorni con la maestra Marisa per la posizione da tenere ma era proprio scomoda, presumo che il risultato somigliasse più ad un cespuglio che ad un bue.

In una delle famose gite sulla neve a Folgaria, una delle prime se non erro, Enrico Brazzale salì nel gatto delle nevi la sera per tirare le piste ma non tornava più così il maestro Francesco si mise ad urlare il suo nome fuori dalla finestra “Enrico torna casaaaaaa”.

In cortile c’erano vari svaghi con cui ci intrattenevamo, tra cui le altalene dove si provava a fare il giro completo,

senza successo ovviamente, ma si rimediava un’oscillazione delle travi portanti non ancorate bene al terreno e facendoci provare quel brivido da montagne russe.

Oppure ci si arrampicava negli alberi, la sfida era arrivare più in alto possibile, su rami fini come un dito; l’incoscienza l’ha sempre fatta da padrona ma sono comunque esperienze che ci hanno rafforzato e reso quello che siamo, affrontare le paure per esempio.

C’era poi la siepe laterale che aveva un 20 cm di spazio dalla recinzione con la casa confinante, noi eravamo soliti nasconderci in quello spazio angusto, perché chiederete voi…e chi lo sa?

Vorrei dire qualcosa anche dello stanzino/magazzino affianco dell’aula computer, è sempre rimasto un mistero cosa ci fosse al suo interno, si supponeva ci fossero scheletri o qualche tipo di animale impagliato; quando i maestri si ap- prestavano ad aprire la porta si cercava di buttare un occhiata discreta all’interno cercando di carpire qualche dettaglio; ora che ci ripenso mi sembrava di averci visto all’interno un tagliacarte, motivo più che plausibile per non fare entrare noi bambini ma così facendo alimentavate la nostra infinita curiosità.

Luca Carollo

La mia scuola di Michele Saggin

In un sabato mattina di dicembre così piovoso volevo ricordare insieme a voi qualche momento di vita trascorso nella nostra scuola di Vivaro.

I ricordi si accavallano ma inizio col dire che la nostra non era una scuola grande, in senso fisico, con al piano ter- ra la mensa, la palestra, un bagno e un’aula, la mia classe, sempre la più numerosa per tutti gli anni trascorsi lì. Mentre al primo piano si trovavano le altre aule e il laboratorio di informatica, o come lo chiamavamo al tempo, « l’aula com- puter». Oltre questo però, avevamo degli splendidi spazi esterni. Il giardino intorno alla struttura, dove oggi se non ricordo male è stata costruita la nuova palestra e appena fuo- ri, in fondo alla piazza, il grande parco di fianco al campa- nile, dove trascorrevamo la maggior parte delle ricreazioni e quando la stagione lo permetteva, di tanto in tanto, si faceva lezione all’aperto.

Non era grande, la scuola, anche perché per ogni annata c’era una sola sezione di alunni, anzi se non ricordo male la classe dopo la nostra non c’era proprio. Dalla prima si passava alla terza, lasciando così ogni anno un vuoto. Le classi stesse di per se non erano numerose, tralasciando la mia che conta- va ben 20 alunni, le altre credo fossero tutte sull’ordine della decina o addirittura meno. Per tutti questi motivi la nostra era una piccola scuola, ma con una Grande anima e un Grande spirito, all’avanguardia per i tempi visto che era l’unica nel comprensorio di Dueville ad avere il tempo pieno, il motivo principale per il quale i miei genitori mi hanno iscritto lì pur abitando in un paese vicino. Infatti, noi stavamo a scuola tutti i giorni fino alle 16.00, tranne il venerdì che si faceva solo la mattina e il sabato a casa.

Per me quegli orari non erano un peso perché in quella maniera i compiti a casa erano pochi e il tempo trascorso con i compagni e maestri era sempre piacevole. Il cibo della mensa ecco non era propriamente come quello della nonna ma ce lo facevamo andare bene lo stesso. A questo punto i ricordi arrivano ai miei compagni di classe, che se anche or- mai siamo cresciuti e ci siamo persi di vista potrei nominare uno ad uno. Alle ore passate insieme ad imparare sui banchi tutti i giochi durante la ricreazione, le partite di palla avve- lenata in palestra e non solo. Alle gite scolastiche, ricordo in particolare quella a Ravenna e al parco tematico «Italia in miniatura». Le settimane bianche a Folgaria, che belle le settimane bianche a Folgaria, più precisamente a Fondo Piccolo e quanti altrettanto bei ricordi che emergono!!

Queste sono tutte cose che le altre scuole secondo me non facevano e sono queste, insieme a tante altre piccole, che hanno fatto e fanno della scuola elementare di Vivaro una Grande scuola. Infine, non posso non ricordare voi Ma- estri che siete stati sicuramente l’anima e il cuore pulsante di tutto questo. Noi ragazzi, o per lo meno io me ne sono reso conto logicamente con il passare degli anni, quando ormai in quella scuola fisicamente non ci sono più. E lo ri- scopro ancora oggi scrivendo queste righe, che li ho lasciato un piccolo pezzo di me e che voi dentro di me sicuramente avete lasciato e fatto crescere qualcosa.

Un grazie a tutti voi, Francesco, Marisa, Emanuela, Car- mine, Paola e Genzianella.

Saggin Michele

La mia scuola di Eleonora Bassan

Sono Eleonora sono un ex alunna della scuola di Vivaro, classe 1990.

Se dovessi descrivere la scuola di Vivaro direi che è scuola di vita. E non lo dico così per dire, perché a scuola ho imparato non solo a leggere, scrivere e contare ma anche a ricamare, a sta- re con i miei compagni (eravamo una classe rumorosa, scherzosa e numerosa), a piantare un chiodino senza farmi male, a sciare grazie alle settimane bianche, a nuotare grazia al progetto «sport a scuola» etc. I miei maestri sono andati ben oltre le nozioni didattiche, hanno iniziato a formare la mia persona!

Ricordo che tante volte il maestro Francesco entrava in classe con un’idea nuova, una novità appena sfornata, sulla quale aveva ragionato tutta la notte. La più buffa e bella è stata quella in cui si è cimentato nella ricerca dell’origine storica del cognome di ogni mio compagno, trovando indicazione storiche, geografiche, lessicali. Un lavoro immane, di dedizione profonda per me e per i suoi alunni, per farci sentire tutti unici ma soprat- tutto un segno di enorme amore per il suo lavoro. I miei maestri hanno sempre messo passione nel loro lavoro e questo è ciò che connota i miei ricordi più belli in quella scuola. Una scuola che ha posto in me le prime basi per quello che oggi è il mio lavoro; una scuola che prima di tutto mi ha insegnato a vivere, a stare con gli altri e relazionarmi.

Come dicevo «una scuola di vita» e secondo me dovrebbero essercene di più di scuole così soprattutto oggi, in una società dove l’uomo è sempre più connesso con il mondo, ma in realtà è sempre più solo. Una scuola di vita potrebbe ridare sorriso, potrebbe ridare entusiasmo e speranza a dei giovani che si stan- no spegnendo e perdendo lungo il cammino dell’educazione.

Eleonora Bassan

LA MIA SCUOLA di Daniele Busolo

La scuola di Vivaro è sempre stata per me una scuola di valore sia dal punto di vista didattico che per il rapporto con gli insegnanti.

Ricordo ancora quando la maestra Marisa ci faceva gira- re i banchi rivolti verso la piazza, si aprivano le finestre e si disegnava con la matita qualcosa che ci ispirava, dalla chiesa alla fontana oppure qualche casa, a me piaceva il campanile e riuscivo a ricopiarlo con soddisfazione nel mio foglio bianco.

Ricordo poi, con entusiasmo l’arrivo dei computer i “Commodore 64”, c’era una grossa tastiera e uno schermo che sembrava un televisore, per noi bambini è stata come una svolta epocale. Una volta alla settimana si andava in sala computer a scrivere i testi e a fare anche qualche gioco. Io mi divertivo e poi ero orgoglioso di vedere stampato il mio lavoro. Ma il ricordo che custodisco profondamente dentro di me è sicuramente quello della settimana bianca a Folgaria. Erano 5 giorni fantastici dove si faceva il corso sci con tanto di gara finale ed attestato. Mangiare le delizie dell’hotel, cantare e giocare insieme erano momenti indimenticabili che oltre al divertimento ti formavano e rafforzavano amicizie inaspettate, è stato sicuramente uno dei periodi più belli della mia vita e dobbiamo solo ringraziare i maestri che con amore e dedizione hanno permesso questa esperienza fantastica.

Daniele Busolo

La mia scuola di Silvia Bocchese

Ho frequentato la scuola elementare di Vivaro negli anni che vanno dal 1995 al 1999. Ancora oggi ne conservo un ricordo vivido e felice.

La mia classe, come del resto anche le altre, non era molto numerosa, contava appena dieci studenti. Forse è stato proprio questo, assieme alla presenza di insegnanti innovativi e intraprendenti, che ha permesso alla scuola di spiccare per la sua originalità. Un ricordo sincero e affettuoso meritano i miei maestri Genzianella e Francesco, che hanno saputo valorizzare i loro insegnamenti con attività all’avanguardia, andando oltre ciò che ci si aspetterebbe da un’istituzione scolastica.

Recentemente ho sentito riferirsi alla scuola come ad un’isola felice. Questo mi fa sperare che tutti i ragazzi, du- rante il loro percorso di studio e di vita, possano provare qualcosa di simile alla mia esperienza.

Silvia Bocchese

La mia scuola di Chiara Lionzo

La scuola di Vivaro non è stata, ai tempi che la frequenta- vo, solo una scuola, ma la potrei meglio definire una palestra di vita. Si distingueva dalle altre scuole perché non era solo un luogo fisico situato in piazza a Vivaro, dove ai bambini venivano impartite le lezioni delle rispettive classi elementari, ma era un punto di aggregazione sociale dove i bambini delle diverse classi si conoscevano tutti e non solo… conoscevano i rispettivi genitori.

Non esistevano unicamente le lezioni fatte in aula, ma grazie alla collaborazione degli insegnanti le lezioni si estendevano anche in altri luoghi… prendevano vita alle risorgive di Vivaro, alle origini della nostra terra, alle gite a Venezia dove non solo si visitavano i celebri palazzi di questa prestigiosa città, ma si andavano a trovare gli amici di penna con cui ogni bambino teneva corrispondenza du- rante l’anno.

Grazie all’iniziativa degli insegnanti si svolgeva la set- timana bianca, dove si prendevano lezioni di sci durante la giornata e la sera si facevano i compiti tutti assieme.

Si aveva la possibilità di conoscere i propri compagni non solo nei banchi ma anche nella loro quotidianità e intimità.

Così era per gli insegnanti che erano paragonati a quasi dei secondi genitori per i ragazzi.

A scuola le classi non andavano avanti a compartimenti stagni ma magari le prime classi andavo assieme ai ragazzi più grandi di quinta per imparare ad utilizzare le prime basi del computer, a volte nelle lezioni di scienze si portava in classe anche qualche animaletto di qualche compagno mentre si studiava il suo habitat e la sua specie…

E a ricreazione si giocava tutti assieme, insegnanti com- presi… molto spesso a palla guerra!

Durante le feste natalizie e pasquali si preparavano recite, si facevano lavoretti che coinvolgevano tutte le famiglie come la ‘gara’ dei presepi di Natale, si imparava il patchwork, il ricamo, a lavorare con l’argilla e utilizzare i colori a tempera.

Si dava spazio alla creatività dei bambini e venivano fatti sempre dei giornalini (come in “Settimana Bianca”) dove veniva dato spazio alle emozioni e alle sensazioni dei bambini e su cosa pensavano dell’attività svolta.

C’era uno spirito di condivisione e un senso di apparte- nenza ad una comunità che aleggiava costantemente nell’aria. Mi ritengo fortunata ad avere avuto la possibilità di essere cresciuta in questa scuola dalle ampie vedute e sono orgo- gliosa di avere avuto degli ottimi maestri.

Chiara Lionzo

La mia piccola scuola di Marco Binotto

Ricordo ancora la mia piccola scuola. Era il 1996 il mio primo giorno delle elementari, una bellissima giornata per inaugurare la riapertura della stessa, dopo la sua ristruttu- razione.

Nella mia classe non eravamo in tanti, in 10 per la preci- sione ed eravamo tutti di Vivaro, lo ricordo bene. Eravamo tutti molto affiatati e tengo con me ancora oggi ricordi di gite a Venezia, Verona, Pisa. Tutti ricordi che nel tempo non si sono sbiaditi come i ricordi dei miei mitici maestri Francesco e Genzianella che ci facevano apprezzare le piccole cose sem- pre con sorriso. Ora mia figlia frequenta la scuola di Vivaro e anche per lei spero resti vivo il ricordo nel tempo.

Binotto Marco

Un pensiero per te, incontro del 24 maggio 2016

Ti guardavo seduto al banco impegnato a leggere e a scrivere, mentre correvi nel cortile, quando ridevi e parlavi con i compagni e cercavo di intuire cosa c’era dentro di te, che donna e che uomo saresti diventato.

Ti chiedo scusa se non sono riuscito a capire le potenzia- lità che avevi dentro di te. Era quello il mio compito: aiutarti a tirar fuori quello che avevi dentro. Invece spesso ti ho dato noiose informazioni, conoscenze, qualche consiglio e qualche rimprovero.

Scusa se non ti ho incoraggiato ad avere più fiducia in te stesso per farti diventare più sicuro, più autonomo e più responsabile.

Scusa se non ti ho sempre accolto con un sorriso, se ho alzato la voce, se ti ho rimproverato più che lodato. Scusa se non ti ho sempre ascoltato quando volevi parlarmi, se non ti ho lasciato giocare di più in cortile, se non ti ho portato di più in gita, se ho insistito perché mangiassi quello che non ti piaceva, se ti ho annoiato con le mie prediche, se ti ho dato troppi compiti per casa, se non ti ho lasciato giocare di più con il computer. Scusa se non ti ho messo vicino di banco i tuoi amici preferiti, ma cercavo di farti stare bene anche con tutti gli altri compagni.

Scusa se non sono riuscito a cambiare alcune regole della scuola: a venire presto alla mattina, a stare seduto troppo nei banchi, quando eri bambino pieno di energia, a fare le vacanze estive troppo lunghe invece che diluirle nell’anno. Avrei dovuto creare una scuola più divertente, più sorridente, lasciarti giocare di più con i compagni. Avresti trascorso con più gioia e serenità gli anni della scuola elementare.

Avrei dovuto farti leggere libri divertenti, farti diventare più curioso, esplorare quello che c’era intorno, sperimentare cose nuove e farti meravigliare dei fiori, degli alberi, dell’ac- qua, del sole e dell’aria limpida, del sorriso della mamma e del papà e dei tuoi amici.

Senza indicarti la meta che volevi raggiungere, avrei dovuto darti dei suggerimenti sul cammino che tu dovevi ancora fare e che lo avevo già percorso.

Non ti ho fatto riflettere su una domanda che ti dovevo fare: cosa voglio essere?

Non stare in panchina, gioca! Quando andavamo in set- timana bianca, il maestro di sci ti insegnava a comandare gli sci, eri tu che guidavi. Ecco, non lasciarti trasportare dagli altri o dagli eventi, decidi tu dove andare.

Tieni lontano l’invidia, la superbia, la poca voglia di fare. Cerca di essere onesto, prudente, moderato, cortese, forte e tenace per superare le difficoltà che incontrerai. Ti auguro di fare un lavoro dove tu possa mettere tutta la tua passione.

Puoi contare ancora su di me, per quello che posso an- cora darti, per qualche indicazione, qualche informazione o anche solo per ascoltarti.

Ti ringrazio per l’invito a partecipare a questo incontro. Mi hai commosso e fatto ricordare quei cinque anni impor- tanti che ho passato con te.

Vivaro, 23 maggio 2016

Francesco Marchesin

Ricordi per immagini

Alcuni insegnanti: da sinistra: Alessandra Gasparotto, Anna Maria Trappolin, Francesco Marchesin, Marisa Busarello, Genzianella Valente

Lezione di pasticceria con Francesco Ravazzolo

Lezione di cucina: la polenta

Foto di gruppo davanti alla scuola

Foto di gruppo nel cortile della scuola

Gite e passeggiate

In fila per due, pronti per la passeggiata

Gita al Bosco di Tretto

Passeggiata con guado del Bacchiglione

Passeggiata sull’argine del Bacchiglione

Settimana bianca a Fondo Piccolo di Folgaria, albergo La Baita

Indice

Presentazione del Sindaco                                                       5

Una piccola scuola, una piccola comunità

con la sua storia e la sua identità                                             7

La scuola di Vivaro ai giorni nostri                                          9

Le scuole a Dueville                                                                 13

La Scuola Elementare di Vivaro: un po’ di storia                  17

La vicenda della scuola di Vivaro nei giornali                       21

L’insegnamento: le due voci di un’Italia bambina                29

Bambini, genitori, insegnanti, educazione                            31

Testimonianze e ricordi                                                           41

Bambini                                                                                    43

Genitori                                                                                    51

Ricordi vari                                                                              68

Ricordi per immagini                                                               99