Il mio Natale
Mi piaceva, durante la messa di Natale, quella delle undici, quella cantata, celebrata da mons. Benigno Fracasso, sostituire le parole importanti del Vangelo, con le parole di tutti i giorni. Mi diventava più familiare. Mi immaginavo inoltre la stalla di Betlemme non molto diversa dalla stalla de me santolo Pacifico, con quel caldo umido, con l’odore pungente, ma così accogliente per chi veniva da fuori, quando era molto freddo. I pastori erano come mio nonno Angelo. Con le sgalmare, il tabaro e il cappello in testa. Mi immaginavo il bambino Gesù tutto infassà stretto, con quelle lunghe fasse che adoperava mia mamma per mio fratello appena nato. Maria aveva il velo in testa come quello che metteva mia nonna per andare a messa e sulle spalle aveva una lunga mantellina per ripararsi dal freddo.

Dal vangelo di san Luca
Ed ecco che pena i se ga trovà rento in quel posto, la Madona la ga visto nascere el so Toseto.
Suito el lo ga infasà pian-pianelo e lo ga messo dasio nea gripia parchè non ghe géra posto da nissuna parte, dove che i gavea sercà.
Intanto on angelo xe andà dai pastori che i tendea le piegore de fora. Suito i ga ciapà paura, ma dopo na s’cianta l’angelo el ga dito:
-Non stè aver paura. Son vegnesto a dirve na bea roba. Vardè che xe nato chi che ne salva. Trovarì on Toseto infasà, messo dentro na gripia. Tulì su le vostre robe e v’è anche vialtri a védarlo.

  • Ciò, cossa diseo sto qua, ‘ndove voleo che ‘ndemo? – ga scomissià a dire i pastori.
    Ma con i ga visto che xe vegnesto on gran ciaro li vissin, anca se gera ancora note, i ga volesto scoltare cuel che disea l’angelo che slusegava.
    I ciapa su e in pressa i va a Betleme e in meso ai campi, dentra na stala, i ga trovà Maria, Bepi e el Toseto.
    Alora i gà capio cuel che l’angelo voleva dirghe. E la Maria la gera tuta contenta…

L’unico segno del Natale a casa era il presepio. C’erano le statuine di gesso e la capanna era fatta con la corteccia degli alberi. Andavo a raccogliere il muschio che cresceva sugli alberi, non quello a terra.
Caro Gesù Bambino, ti prometto che sarò sempre ubbidiente a mamma e papà….. A Natale si scriveva la letterina a Gesù Bambino perché Babbo Natale non c’era. Erano letterine speciali. Io le comperavo da Scanio, in via Roi. Avevano dei disegni natalizi tutti ricoperti da brillantini. Bisognava scrivere in bella scrittura perché se ne comperava solo una. La mettevo sotto il piatto del papà e quando la trovava la leggeva e ci dava una piccola mancia. Prima però bisognava recitare la poesia di Natale che si era imparato a scuola.
In gran parte delle case, il segno del Natale era costituito solo dal presepe. Pochi facevano l’albero. C’era invece la tradizione nei giorni che precedevano il Natale, di andare alla sera a cantare la stella nelle case del paese. Si cantava: Tu scendi dalle stelle…Quasi tutti davano una piccola mancia. Quello che i bambini attendevano con ansia era invece il Capodanno. Sì, perché alla mattina presto del primo dell’anno, pieni di sonno, si andava in giro per le famiglie del paese ad augurare: Buon principio dell’anno. Noi bambini non avevamo mai durante l’anno tanti soldi tutti per noi.
Babbo Natale non arrivava da noi a portare i regali. Quella che invece passava era la Befana. Non serviva neppure scrivere la letterina per lei. Conosceva la strada e sapeva cosa portarci. Ricordo le carrube, il castagnaccio, qualche mandarino. Come giocattoli c’erano dei carrettini di legno, qualche fucile di latta con il tappo di sughero, qualche pallone e la spinetta Bravi Alpini.