La mia cartiera
La mia cartiera ha i mattoni rossi e i sassi bianchi dell’Astico. Ha gli enormi balconi scuri degli stenditoi. Il muro rosa scrostato. Ha la campanella che suona. Il capitello di san Gaetano con un mazzo di margherite. Ha la profonda buca bianca della calce. Ha i mucchi di carta, di libri o giornali fra cui curiosare. Le molasse che macinano nella penombra. Le cinghie delle trasmissioni che dondolano e girano. Ha la barca sulla roggia Molina. La confusione delle cose accatastate. Il labio e la cana in corte. Il cappello di paglia degli operai che lavorano. Ha la carta gialla con cui si incartano le verdure o la carta dal macellaio. La cartiera ha il viso di Severino, di Giuseppe,di Angelo, di Iseo.Ha il viso dei vecchi della cartiera, di Mansueto, di Pacifico, di Isetta e del nonno Giuseppe.
Tutti questi ricordi si sono depositati dentro. Segnano il luogo. Si. la cartiera è come la casa, la strada, la chiesa, la piazza del paese: si riconoscono come luoghi della propria memoria e della propria storia.

Per le persone di Dueville la cartiera non rappresenta solo un pezzo di archeologia industriale. Evoca persone e cose passate. Dentro la cartiera si respira il sudore, il sacrificio e lo spirito di tutte le persone che vi hanno lavorato.
Mostriamo ai nostri figli, ai bambini, ai ragazzi come si lavorava una volta, che strumenti si usavano, come si superavano certi problemi tecnici con intelligenza.
Vale la pena di tentare di salvare la cartiera. Vale la pena di far girare ancora le ruota.
La cartiera è lì che aspetta. Aspetta da un giorno all’altro di mettersi in moto. Aspetta che l’acqua scenda limpida dalle pale della ruota.
Speriamo non si stanchi di aspettare!

 

Francesco Marchesin